Manifestazione pro Gaza a Roma, bandiere escluse: l'appello della cantante Noa
Tra una settimana esatta sarà il gran giorno della manifestazione indetta dal centrosinistra a favore di Gaza. Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno sottolineato che il loro unico scopo è quello di giungere alla fine dei bombardamenti con la condanna del governo Netanyahu.
Ma a Roma saranno gradite anche le bandiere di Israele, visto che né il Paese né gli ebrei coincidono con chi li rappresenta a livello governativo?
Il dubbio è più che lecito, vista la veemenza (e, talvolta, la violenza) con cui i pro-Pal portano avanti le loro idee. E visto che Carlo Calenda, Matteo Renzi e una bella schiera di riformisti del Pd, per mettersi al riparo, ha indetto anche un'altra manifestazione sul Medioriente, venerdì 6 a Milano.
Il nodo delle bandiere, quindi, è già bello stretto. E oggi, a renderlo ancora più tale è stata la cantante israeliana Noa, con una dichiarazione rilasciata all'Huffington Post e, prima ancora, con un appello che ha letto prima di tenere un concerto a Firenze.
Noa e le bandiere alla manifestazione di Roma pro Gaza
Cosa ha dichiarato Noa all'Huffington Post? La posizione della cantante nata a Tel Aviv è molto chiara:
Netanyahu va rimosso, ma non andrei mai a una manifestazione dove è esclusa la bandiera di Israele. Noi israeliani siamo ostaggi di questo governo come i gazawi lo sono di Hamas
Quindi, va bene lo slogan "Palestina libera". Ma ci sarebbe da indicare bene libera da chi:
Mi oppongo a chi grida Palestina libera senza riconoscere i diritti del mio popolo
ha spiegato Noa, che anche in un post sui suoi social era stata quanto mai chiara
L'altroieri, poi, prima di iniziare il concerto al Festival dei Cammini di Francesco nella Basilica di Santa Croce a Firenze, Noa ha argomentato la sua posizione così:
Devo parlare in termini chiari: come israeliana, come donna, come ebrea, madre, essere umano chiedo la fine immediata dell’orribile guerra condotta a Gaza. All’inizio questa guerra è stata giustificata come rappresaglia per il mostruoso attacco contro i civili israeliani del 7 ottobre, dove Hamas ha massacrato, violentato, mutilato e rapito uomini, donne e bambini, ma da allora si è mostruosamente trasformata in una guerra di attacchi folli, illegali, immorali contro civili innocenti, tra cui migliaia di bambini che vengono affamati e uccisi in modo indiscriminato. Questo va al di là delle parole, al di là dell’immaginazione. Per questo sono devastata, disgustata e furiosa
La cantante, quindi, ha preso le distanze dal governo Netanyahu con il più classico "non nel mio nome":
Non in mio nome si sta facendo la guerra, non in nome di milioni di israeliani che sono stati illusi, raggirati, ingannati, traditi e rapiti da un gruppo demoniaco folle e corrotto di persone che, se non verranno fermate, condurranno non solo Gaza ma anche Israele alla morte
Queste sono le immagini di TTV
Il suo appello finale, quindi, è stato quanto mai chiaro e opportuno:
Vi chiediamo di stare con il popolo israeliano, non con il governo israeliano. Proprio come dovreste stare con il popolo palestinese, non con Hamas
Il braccio di ferro sulla parola genocidio
E comunque, in vista della manifestazione di sabato prossimo, al di là delle bandiere da portare o meno (è stata la scrittrice ebrea sopravvissuta ai lager nazisti, la 94enne Edith Bruck a proporre per prima di manifestare sia con quella israeliana che con quella palestinese "ma so che sarebbe pericoloso"), la polemica si incentra anche sull'opportunità o meno di utilizzare la parola genocidio per ciò che sta accadendo a Gaza per mano israeliana.
Oggi, ad esempio, ha suscitato molti commenti un articolo a firma di Adriano Sofri apparso sul Foglio e intitolato "Tutti i motivi che mi impediscono di chiamare genocidio quello di Gaza"
Ho due argomenti a trattenermi ancora di qua dal chiamarlo genocidio. Uno è capzioso. Uno fondato, benché forse non risolutivo. Quello capzioso dice che le incertezze sulla definizione della carneficina e dell'umiliazione di Gaza come genocidio possono indurre a rivedere i criteri, forse affrettati, con cui abbiamo chiamato genocidio situazioni simili o anche meno terribili. Capzioso: ma è vistosamente vero che del nome di genocidio si è fatto un abuso tale da finire per banalizzarlo
Per quanto riguarda l'argomento che Sofri giudica "fondato", invece, spende queste parole:
L'argomento fondato è questo: in nessuno dei genocidi classici, dall'Armenia a Srebrenica, dalla Ruanda alla Cambogia, ci sono mai stati combattivi partiti d'opposizione, militari renitenti, folle di manifestanti tenacemente contrari, membri della popolazione decimata presenti nel Parlamento del regime persecutore o nei dibattiti pubblici. Nessuno può immaginare che durante lo sterminio nazista degli ebrei, la casa di Adolf Hitler fosse quotidianamente circondata da manifestanti che chiedevano le sue dimissioni e la sua incriminazione. Né la casa di Pol Pot. Questo fa una enorme differenza. E fa un alleato in Israele