03 Jun, 2025 - 12:22

La Corea del Sud al bivio: Lee Jun-seok prossimo presidente antifemminista?

La Corea del Sud al bivio: Lee Jun-seok prossimo presidente antifemminista?

In Corea del Sud, dove il patriarcato rappresenta ancora un pilastro economico e culturale, la campagna per le elezioni presidenziali ha messo in vetrina un candidato dalle opinioni controverse. Oggi 3 giugno 2025 si conoscerà il nome del nuovo presidente coreano e già il fatto che nessuno dei candidati sia una donna può segnalare la difficoltà per la parte femminile della popolazione nel far sentire la propria voce.

La società si muove dal basso con comitati e movimenti di protesta, ma ci sono politici come Lee Jun-seok che rischiano di bloccare i pur minimi tentativi di raggiungere la parità di genere. Il 40enne leader del Reform Party ha spesso rilasciato dichiarazioni pubbliche molto forti, compresa quella in cui chiedeva se fosse misogino "infilare bacchette nei genitali delle donne".

L'idea che molte di queste avessero una mentalità da vittime in caso di molestie ha fatto felice quella fascia di popolazione coreana - giovane e maschile - che vede con sofferenza le richieste di cambiamenti nella società.

Lee Jun-seok, un candidato controverso

Ci sono profonde divisioni di genere all'interno della società coreana e la recente presidenza di Yoon Suk Yeol, terminata ingloriosamente con un tentativo di colpo di stato, aveva sfruttato queste faglie ben presenti fra donne e uomini. Uno dei suoi possibili successori, Lee Jun-seok, all'età di 36 anni era diventato leader del PPP (People Power Party) e ha costruito la sua carriera politica nello sfruttare queste profonde divisioni sociali.

Nato a Seul nel 1985, ha frequentato il prestigioso Seoul Science High School, ha studiato al Korea Advanced Institute of Science and Technology (KAIST) e si è laureato in informatica ed economia ad Harvard con una borsa di studio presidenziale. Nel 2011 ha fondato una start-up di tecnologia educativa, per poi entrare in politica grazie all'ex presidente Park Geun-hye.

Lee aveva costruito un profilo social famoso grazie a commenti taglienti e al vetriolo, capaci di parlare ai giovani e alle loro preoccupazioni. La sua campagna elettorale per le presidenziali del 2025 si è concentrata su promesse di deregulation e riforma del sistema pensionistico, spingendosi ad affermare che la Corea del Sud dovrebbe diventare una potenza mondiale dell'IA.

Ciò che interessa a molti, però, sono i suoi commenti antifemministi e misogini, che hanno colpito particolarmente (e in modo favorevole) i giovani maschi, specie quelli fra i 20 e i 30 anni d'età. Lee ha negato più volte che esistano disuguaglianze di genere in Corea del Sud, lamentando che le donne avessero una mentalità "vittimistica" senza motivazioni concrete.

Un paese diviso sulla parità di genere e il "Movimento 4B"

L'elettorato maschile giovane coreano ha assimilato da anni rabbia e frustrazione per le difficoltà economiche del paese in cui vivono. Con un atteggiamento simile a quanto si riscontra nelle società occidentali, molti ragazzi percepiscono la politica, l'economia, la cultura e la giustizia coreane come ingiuste, a favore dei ricchi e delle donne.

I sacrifici sul posto di lavoro non portano ad alcun riconoscimento salariale e nel paese ci sono state molte proteste di piazza, specie da parte di medici e infermieri. Alcuni dati, però, contraddicono quel sentimento di rabbia espresso dai giovani maschi. Le donne affrontano il più ampio divario salariale tra generi dei paesi OCSE (31% in meno rispetto agli uomini) e sono le principali vittime di crimini violenti.

Lee Jun-seok ha fatto leva, dal canto suo, su un diffuso sentimento anti-femminista presente in Corea: secondo un sondaggio Realmeter, il 76% degli uomini ventenni e il 66% dei trentenni si oppone al femminismo, lamentando l'inutilità di un ministero come quello per l'Uguaglianza di Genere e la Famiglia.

Lee ha promesso che abolirà il ministero in caso di elezione a presidente e che non saranno necessarie politiche per l'uguaglianza di genere, dato che a suoi giudizio in Corea del Sud ciò rischierebbe di creare due società parallele e non comunicanti. Una retorica che non nasce dall'oggi al domani ma che rischia di confermare i peggiori timori da parte delle donne.

Ha guadagnato copertura internazionale il "Movimento 4B", che prende il proprio nome dai 4 no (bi- in coreano) che le sue appartenenti hanno dichiarato contro il matrimonio eterosessuale, la maternità, il sesso con gli uomini e agli appuntamenti.

Le attiviste 4B ritengono che la società sudcoreana sia intrinsecamente patriarcale e considerano il rifiuto degli uomini l'unico modo per proteggersi dalle violenze e dalle discriminazioni: un sondaggio del 2016 del Ministero per l'Uguaglianza di Genere ha indicato che il 41,5% delle donne ha subito violenze da parte del partner.

Fra scandali e cambiamenti, un futuro incerto per la Corea del Sud

Tornando a Lee Jun-seok, questi non può ignorare come le donne coreane vogliano svolgere una parte ancora più attiva nella politica. Nel 2024 grandi manifestazioni di piazza chiedevano l'impeachment dell'ex presidente Yoon e si sono sentite oltraggiate quando Lee, nel corso di un dibattito televisivo, si era rivolto così al suo avversario: "Se qualcuno dicesse di voler infilare bacchette nei genitali di una donna, sarebbe misoginia?".

Nonostante le scuse, il candidato del Reform Party ha dovuto affrontare forti critiche per delle parole considerate altamente inappropriate. I suoi due sfidanti alle presidenziali, Lee Jae-myung e Kim Moon-soo, hanno conquistato la maggior parte dei potenziali voti secondo i sondaggi e dichiarazioni tanto problematiche potrebbero costare l'appoggio dell'elettorato femminile a Lee Jun-seok.

Il problema è che né Lee Jae-myung e Kim Moon-soo si sono espressi chiaramente a favore della parità di genere in Corea del Sud, al di là di promesse generiche. In un paese dove le donne protestano rasandosi la testa e gli uomini si sentono vittime di un sistema ingiusto, Lee Jun-seok rischia di creare una presidenza all'insegna del risentimento generazionale e di una "guerra dei generi" aspra e violenta.

I tre punti salienti dell'articolo

  • La figura controversa di Lee Jun-seok - Lee Jun-seok, leader del Reform Party e candidato alle presidenziali in Corea del Sud, ha costruito la sua carriera politica su una retorica antifemminista e provocatoria, molto apprezzata dai giovani uomini coreani, ma duramente criticata da attivisti e donne. È noto per dichiarazioni sessiste e per la proposta di abolire il Ministero per l’Uguaglianza di Genere.

  • Una società spaccata sul tema della parità - In Corea del Sud esiste una profonda divisione tra uomini e donne: mentre i giovani maschi si sentono penalizzati, le donne subiscono ancora gravi disuguaglianze (tra cui il divario salariale più alto dell’OCSE) e violenze di genere. Movimenti come il "4B" denunciano il patriarcato e promuovono il rifiuto delle relazioni con gli uomini.

  • Un’elezione senza svolta femminista - Nessuno dei tre candidati alla presidenza (Lee Jun-seok, Lee Jae-myung, Kim Moon-soo) è una donna né ha preso posizioni forti in favore della parità di genere. Il rischio è che la Corea del Sud resti bloccata in un clima di "guerra dei sessi", senza risposte concrete per una società sempre più divisa.

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