Scarsa partecipazione dovuta alla sfiducia verso la politica, la volontà di far naufragare un quesito scomodo o la mancata informazione riguardo al voto. Sono tanti i motivi per i quali un referendum potrebbe non raggiungere il quorum e, negli ultimi giorni, nei quali il centrosinistra sta promuovendo il voto dell'8 e 9 giugno 2025 per i quesiti su cittadinanza e lavoro, non si parla d’altro. Il referendum che si voterà nel prossimo fine settimana, in concomitanza con i ballottaggi delle elezioni amministrative, rischia di non raggiungere il quorum: serve infatti che si rechino alle urne il 50%+1 degli aventi diritto al voto per renderlo valido. Quindi è necessario che almeno 25,4 milioni di persone si rechino alle urne.
Nello scorso mese, il governo Meloni è uscito allo scoperto sul referendum dicendo ai propri elettori di non recarsi alle urne. L'unico partito della coalizione di governo che ha detto di recarsi e votare "no" ai quesiti è stato "Noi Moderati". L'atteggiamento, che fa parte delle strategie per boicottare il referendum, è stato accolto con sdegno da parte del centrosinistra. Il governo Meloni ha un approccio differente rispetto al quesito sulla cittadinanza e vorrebbe mantenere la legge vigente.
Non si tratta tuttavia del primo caso di referendum boicottato. Molti esponenti del centrodestra hanno ricordato l'approccio dell'attuale campo largo quando si è andati al voto sui quesiti riguardanti la giustizia del 2022, promossi dalla Lega di Salvini e da altri partiti che oggi fanno parte del governo. Ancora più emblematico è il caso delle concessioni per le trivellazioni del 2016, quando addirittura l'allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, disse che l'astensione è uno strumento valido.
Uno dei casi più clamorosi di boicottaggio riuscito per pochissimi voti è quello del 18 aprile 1999, quando si votò per l'eliminazione della quota proporzionale del 25% prevista dal Mattarellum, la precedente legge elettorale. L'astensione in quel caso fu promossa dal Partito Popolare Italiano e dalla Lega Nord, all'epoca guidata da Umberto Bossi. Si fecero promotori del Sì tutti i partiti appartenenti al centrosinistra, mentre votarono "no" Rifondazione Comunista e Partito dei Comunisti Italiani. La partecipazione si attestò attorno al 49,6% e il referendum (dove il sì stravinse, 91%) non passò per 150mila voti.
Altro caso clamoroso, al quale è stato già dedicato ampio spazio su Tag24, è quello del referendum sulla procreazione assistita promosso dai Radicali e boicottato dai movimenti cattolici: la partecipazione si attestò attorno al 25,9%. L'allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non si recò nemmeno alle urne.
Nel 2009 c'è stato un altro referendum riguardante le elezioni amministrative e la legge elettorale. Anche in questo caso il centrosinistra si è spaccato: alcune forze come il Partito Democratico hanno votato sì, altri come Italia dei Valori hanno optato per il no – pur recandosi alle urne. Diversi partiti, sia di destra che di sinistra, si sono schierati invece per il "non voto", che alla fine ha avuto la meglio: la partecipazione fu molto bassa e si attestò attorno al 23,3%.
Altro noto episodio di boicottaggio è quello del governo Renzi contro il referendum sulle concessioni per le trivellazioni nel 2016. L'allora presidente del Consiglio definì il referendum una "bufala", mentre l'ex presidente della Repubblica Napolitano, in un'intervista, disse addirittura che il non voto è una scelta valida nel caso dei referendum. Ovviamente il quorum non fu raggiunto neanche nove anni fa e la partecipazione rimase ferma al 31%. Ultimo caso è quello citato spesso da esponenti di destra: nel 2022 si è andati al voto per l'abrogazione di alcune norme sul funzionamento del sistema giudiziario italiano, promosso dalla Lega. In quell'occasione è stato il centrosinistra a non recarsi alle urne.
I partiti di centrodestra si sono schierati per il non voto. Solo Noi Moderati ha detto che si andrà alle urne e voterà "no". Grande divisione nel centrosinistra: il Partito Democratico, Alleanza Verdi Sinistra e Movimento Cinque Stelle costituiscono il fronte dei cinque sì, mentre i partiti centristi (Azione, Italia Viva, +Europa) voteranno sì sul quesito per la cittadinanza e no per gli altri.
Non è ancora chiaro quante persone potrebbero recarsi alle urne, ma la più ottimistica delle previsioni indica che circa il 42% degli elettori potrebbe votare tra l'8 e il 9 giugno. Ancora troppo poco per raggiungere il 50%+1.