Fan di "One Piece", mettetevi comodi: il live-action targato Netflix tornerà nel 2026 con la seconda stagione, ma non tutto fila liscio come la Going Merry sulle acque di East Blue. Se da un lato la notizia della nuova stagione accende l'entusiasmo della ciurma, dall'altro c'è una "dura verità" che inizia a pesare come una maledizione del frutto del diavolo: i tempi di produzione sono lunghissimi, e la strada per arrivare alla fine del manga sembra quasi infinita.
La prima stagione, uscita il 31 agosto 2023, ha sorpreso positivamente i fan con un adattamento che, pur con qualche libertà creativa, ha rispettato l'anima dell'opera di Eiichiro Oda. Ha coperto tutta la saga di East Blue, l'inizio del grande sogno di Rufy. Ma ora, con la seconda stagione in arrivo solo nel 2026, ci si chiede: riuscirà Netflix a stare al passo con un manga che ancora oggi non è finito?
La risposta, purtroppo, è tutt'altro che rassicurante. Siamo solo all'inizio della Grand Line, ma la velocità della produzione potrebbe affondare l'entusiasmo dei fan. E non serve una taglia da 100 milioni di berry per capirlo.
La seconda stagione del - riuscito - live-action di "One Piece" arriverà nel 2026, oltre due anni e mezzo dopo la prima. Fin qui, tutto nella norma per gli standard Netflix: anche altre serie colossali come "Stranger Things" o "Mercoledì" hanno registrato pause simili. Ma c'è una differenza cruciale: il viaggio per mare del simpatico e svampito ragazzo di gomma non è una semplice serie con trama originale. È l'adattamento di uno dei manga più lunghi e complessi della storia.
Con oltre 1000 capitoli (e in crescita!), adattare l'intera storia richiederebbe un miracolo produttivo - o almeno un paio di decenni. La stagione 2 coprirà saghe fondamentali come Loguetown, Reverse Mountain, Whisky Peak, Little Garden e Drum Island e - a quanto pare - avrà come protagonista il "piccolo" Dottor Chopper.
Questo il first look della serie tv live-action:
Tutto molto affascinante… ma è solo un piccolo passo verso la prima vera saga epica: "Arabasta".
E qui nasce il problema. Se ogni stagione seguirà questo ritmo e coprirà 4-5 mini archi, serviranno anni solo per arrivare a Enies Lobby, figurarsi a Marineford, Dressrosa o Wano. E se la terza stagione dovesse arrivare nel 2027, significherebbe raggiungere Arabasta in quattro anni. A quel punto, il sogno di vedere Luffy diventare Re dei Pirati sul piccolo schermo potrebbe restare un sogno, per davvero.
Netflix sta puntando in alto, ma il tempo è il vero villain di questa avventura.
In una parola: no. Ma c'è margine per "fare le cose bene", senza forzature. "One Piece" è un’opera mastodontica - e forse per Netflix sarebbe stato meglio adattare qualcos'altro -, e anche con le migliori intenzioni, nessuna serie del colosso streaming è mai arrivata oltre le sette stagioni.
Titoli amatissimi come "Cobra Kai" si sono fermati a sei, "Stranger Things" finirà con cinque, "Squid Game" con tre. Pretendere che un adattamento fedele di "One Piece" duri 15 o 20 stagioni è, purtroppo, pura fantasia.
E allora? Una soluzione potrebbe essere chiudere la serie prima del timeskip, magari con un finale originale che onori lo spirito del manga. Saghe come Enies Lobby o Skypiea potrebbero rappresentare dei finali epici e coerenti, capaci di emozionare anche senza raccontare tutto. Alcuni fan propongono addirittura Arabasta come punto d’arrivo: una conclusione simbolica del "primo viaggio" di Luffy.
In alternativa, Netflix potrebbe comprimere le saghe, saltare momenti secondari e concentrare l'azione - con rischi narrativi, certo, ma anche con vantaggi produttivi. Non è la soluzione ideale per i puristi, ma potrebbe essere l'unica via per non far naufragare la serie.
Del resto, il vero tesoro non è One Piece, ma riuscire a raccontarlo bene prima che il pubblico perda l'interesse.