04 Jun, 2025 - 15:53

Carceri, l'ammissione del ministro Nordio: il diritto all'affettività è ancora un miraggio

Carceri, l'ammissione del ministro Nordio: il diritto all'affettività è ancora un miraggio

Nonostante una sentenza della Corte costituzionale risalente a oltre un anno fa, il diritto all’affettività in carcere resta ancora un miraggio. E con ogni probabilità lo resterà ancora a lungo. Lo ha confermato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, rispondendo a un’interrogazione scritta presentata dal deputato di Italia Viva, Roberto Giachetti, lo scorso febbraio.

Dai monitoraggi condotti in questi mesi emerge un dato sconfortante: solo 32 dei 189 istituti penitenziari italiani — appena il 17% — dispongono oggi di uno spazio idoneo a consentire incontri intimi tra detenuti e i loro partner, garantendo così il pieno esercizio del diritto all’affettività e alla sessualità. Non solo. Anche le linee guida operative, fondamentali per rendere concretamente fruibile questo diritto sul piano pratico, risultano dopo oltre un anno ancora in fase di elaborazione.

 

La sentenza della Corte Costituzionale a tutela dell’affettività dei detenuti

La Corte Costituzionale si è espressa in modo chiaro a tutela del diritto all’affettività dei detenuti nel gennaio 2024, a seguito al ricorso presentato da un detenuto dell’Istituto penitenziario di Parma, che aveva chiesto di poter trascorrere del tempo in intimità con la moglie.

Intervenendo sul caso, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), nella parte in cui prevedeva il controllo a vista durante i colloqui tra detenuti e i loro coniugi, partner dell’unione civile o conviventi stabili, senza prevedere alcuna possibilità di deroga basata su valutazioni individuali.

In particolare, la Consulta ha stabilito che, in assenza di specifiche esigenze di sicurezza, ordine, disciplina o motivazioni giudiziarie, i detenuti devono poter svolgere colloqui con i propri partner senza la presenza costante del personale di custodia.

Con questo pronunciamento, la Corte ha non solo accolto la richiesta del detenuto, ma ha anche sollecitato un intervento legislativo e un’azione congiunta dell’amministrazione giudiziaria e di quella penitenziaria, affinché il diritto all’affettività, ormai riconosciuto, possa essere effettivamente garantito in tutti gli istituti penitenziari italiani.

I ritardi nell'attuazione

A un anno dal chiaro pronunciamento a Corte Costituzionale, tuttavia, poco è stato fatto, come conferma evidentemente la risposta del ministro Nordio all’interrogazione scritta presentata da Roberto Giachetti, nella quale si ammette il ritardo nell'attuazione delle disposizioni.

A oggi, solo il 17% degli istituti penitenziari italiani è dotato di spazi idonei per garantire ai detenuti l’esercizio del diritto all’affettività. La definizione delle linee guida operative è ancora in alto mare e nulla è stato formalizzato per quanto riguarda i criteri di individuazione dei soggetti ammessi ai colloqui intimi, le modalità organizzative, né le misure di sicurezza necessarie. 

Mentre il diritto dei detenuti rimane sulla carta, intanto, le condizioni delle carceri peggiorano. Difficile allora non leggere in questi ritardi l’ennesimo segnale di una disattenzione verso il mondo penitenziario e verso i detenuti, già costretti da una situazione prossima al collasso, tra sovraffollamento record, mancanza di spazi e opportunità, carenza di personale -  dalla Polizia penitenziaria agli educatori, psicologi, medici e assistenti sociosanitari.

La situazione delle carceri italiane

A parlare sono i numeri, messi nero su bianco nel XXI Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione in Italia.

Al 30 aprile 2025, i detenuti presenti negli istituti penitenziari italiani hanno superato quota 62mila, a fronte di una capienza regolamentare di 51mila posti e di una capienza effettiva reale di circa 47mila.

Se i tassi di sovraffollamento restituiscono immediatamente la misura della crisi che attraversa il sistema carcerario, le prospettive sono tutt’altro che incoraggianti. La popolazione detenuta è in costante crescita da due anni e, secondo le stime, aumenterà ulteriormente a causa delle nuove misure introdotte dal decreto Sicurezza.

Mentre le carceri si riempiono, il personale arranca: nonostante i concorsi banditi negli ultimi due anni, pensionamenti e dimissioni continuano a svuotare gli organici. Mancano 96 direttori, il 16% del personale di polizia penitenziaria previsto in pianta organica - con gravi squilibri tra le diverse regioni - e gli educatori sono appena uno ogni 64 detenuti.

Cresce, infine, la sofferenza penitenziaria. Tra il 2023 e il 2024, i fenomeni autolesionisti sono aumentati del 4,1%, i tentativi di suicidio del 9,3%. Proprio il 2024 è stato l’anno con più morti in carcere mai registrati, con 91 suicidi. Un record, tragico, che rischia di essere superato anche quest’anno: almeno 33 detenuti si sono tolti la vita da inizio 2025.

L'articolo in quattro punti

  • Il diritto all’affettività in carcere è ancora largamente inesistente, nonostante una sentenza della Corte Costituzionale di oltre un anno fa che ne ha sancito l’importanza e ha richiesto l’adozione di misure concrete.
  • Solo il 17% degli istituti penitenziari italiani ha spazi adeguati per incontri intimi, mentre le linee guida operative per regolamentare questo diritto sono ancora in fase di elaborazione e attuazione.
  • La situazione delle carceri è critica: sovraffollamento, carenza di personale e mancanza di risorse impediscono di garantire i diritti fondamentali ai detenuti, compreso quello all’affettività.
  • La sofferenza penitenziaria è in aumento: crescono i fenomeni autolesionisti e i suicidi, con un triste record di 91 morti in carcere nel 2024 e oltre 30 casi già nel 2025.
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