09 Jun, 2025 - 17:43

Il referendum è stato un flop, l'idea di governo e opposizione su quorum e firme: si va verso una riforma?

Il referendum è stato un flop, l'idea di governo e opposizione su quorum e firme: si va verso una riforma?

Dove fallisce il tentativo di portare alle urne gli elettori, si parla di riforma dei referendum. Ad avanzare questa proposta non è solo il centrosinistra, uscito sconfitto da questo appuntamento alle urne, ma anche il governo Meloni. Se da una parte il segretario di +Europa e promotore del referendum sulla cittadinanza, Riccardo Magi, parla del quorum come un ostacolo alla democrazia – alla luce dei recenti sviluppi – dall'altra i deputati dei principali partiti di governo sottolineano quanto le spese per sostenere i seggi e il voto siano state alte.

La proposta di riforma avanzata da Magi di modificare il quorum stabilito dalla Costituzione al momento è utopica ed è stata già suggerita in passato, vista l'affluenza molto bassa alle urne quando si tratta di votare per i referendum. Il segretario di +Europa ha detto che adesso sarà proposta alle forze politiche che hanno sostenuto il Sì all'ultima votazione di sostenere una legge di riforma costituzionale per cambiare l'istituto referendario. Di cosa si tratta? Ancora troppo presto per saperlo, per ora la riforma resta un'idea.

Anche il centrodestra, però, vorrebbe una "riforma". Diversi esponenti di Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega hanno sottolineato quanto siano ingenti i costi del referendum: mediamente una votazione di questo tipo può arrivare a costare tra i 300 e i 400 milioni di euro. L'idea del centrodestra è quella di aumentare il numero di firme per poter indire un referendum popolare, portandole così a un milione. Due ipotesi avanzate da governo e opposizione e che potrebbero portare in futuro a un cambio dei referendum.

Come potrebbero cambiare i referendum

Parole agli sconfitti ma anche ai "vincitori". A pochi minuti dall'uscita del dato ufficiale sul referendum 2025, il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha parlato della struttura dei referendum in Italia e del ruolo del quorum al suo interno. Un tempo previsto come strumento per evitare che la volontà di pochi incidesse sui tanti, oggi il quorum sarebbe diventato – almeno secondo Magi – uno strumento che ostacola la democrazia. L'esponente di +Europa apre così alle forze politiche del centrosinistra, invitando a riflettere sul futuro del quorum e proponendo una riforma per l'istituto referendario.

Cosa potrebbe succedere quindi? Non è stato ancora specificato. Eliminare il quorum non è certamente visto di buon occhio, vista la funzione per la quale è nato: evitare che il voto di pochi incida su tanti. Resta il fatto che la bassa affluenza ai referendum rende necessario un cambio di paradigma. Proprio la riforma dell'istituto referendario potrebbe essere una nuova battaglia del centrosinistra.

Una proposta che tuttavia è stata avanzata più volte in passato. Sia dal M5s, che avrebbe voluto l'abolizione nel 2019 del quorum, sia dall'attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa, che nel 2009 aveva addirittura pensato di abbassare il numero di partecipanti per rendere valido un referendum. Eliminare il quorum, del resto, non è facile: bisognerebbe modificare la Costituzione.

La proposta del centrodestra sulle firme

Non è solo il quorum il problema. Se il centrosinistra insiste sulla riforma dell'istituto referendario in un senso, il centrodestra spinge sull'altro versante: quello delle firme per indire i referendum. Servono 500mila firme al momento, ma il centrodestra vorrebbe che arrivassero a un milione. Secondo diversi esponenti del governo Meloni, infatti, i referendum sarebbero diventati uno "strumento politico" che inizia a costare caro allo Stato.

Quello sulla cittadinanza e sul lavoro è costato 88 milioni di euro, ma le cifre possono essere molto più alte. Tra gli esponenti del centrodestra che hanno portato avanti l'idea di aumentare il numero di firme necessarie c'è anche Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati:

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Se il numero di firme è adeguato, i promotori dovranno coinvolgere più soggetti, e il numero più alto di firmatari corrisponderà a un maggior numero di cittadini coinvolti nella campagna referendaria. In caso contrario, non è il partito degli astensionisti a essere colpevole del boicottaggio, tantomeno i media (oggettivamente nelle ultime tre settimane non si è parlato d’altro), ma quello di chi abusa di questo strumento.

I numeri del referendum 2025: è stato un flop?

Dopo la chiusura dei seggi, sono stati resi noti i numeri relativi alla partecipazione. Dal punto di vista dell'affluenza, si sono recati alle urne il 30,50% degli aventi diritto al voto, equivalente a 15 milioni di persone. Una cifra alta per certi versi, ma ben lontana dal 50% + 1 utile a rendere valida la votazione. Da una parte, il centrosinistra può esultare perché è comunque un numero più alto di elettori rispetto a quello del centrodestra alle elezioni nazionali. Ma si tratta di condizioni diverse e soprattutto di un appuntamento alle urne molto differente da quello di ieri e oggi.

Certamente non può dirsi felice di questo risultato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, il cui obiettivo era il raggiungimento del quorum.

Riassunto in 3 punti

  • Dibattito bipartisan sulla riforma dei referendum: sia il centrosinistra che il centrodestra riconoscono l’insostenibilità dell’attuale modello referendario, sebbene con soluzioni opposte (riforma del quorum vs. aumento delle firme).
  • Proposte divergenti: +Europa propone una riforma costituzionale per ridurre o eliminare il quorum, mentre il centrodestra punta ad alzare il numero di firme richieste a un milione per evitare l’uso strumentale del referendum.
  • Partecipazione insufficiente: il referendum del 2025 ha registrato solo il 30,5% di affluenza, rendendolo nullo; tuttavia, il centrosinistra sottolinea che ha mobilitato più elettori di quanti ne raccolse il centrodestra nel 2022.
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