12 Jun, 2025 - 18:00

Nato, Rutte incontra Meloni: centrodestra a caccia di una soluzione per gestire le spese per la difesa

Nato, Rutte incontra Meloni: centrodestra a caccia di una soluzione per gestire le spese per la difesa

Una spesa per la difesa eccessiva che necessita tempi più lunghi e agevolazioni, Paese per Paese. Il centrodestra sembra aver trovato un punto comune sulla spesa per la difesa richiesta dalla Nato agli Stati membri dell’Unione Europea: si vorrebbe infatti portare al 5% del Pil i costi per la difesa, ma questa misura potrebbe rappresentare un duro colpo per le casse dello Stato e per molti altri servizi pubblici. Basti pensare alla proposta di mediazione avanzata dal segretario di Forza Italia, Antonio Tajani.

Il vicepremier ha suggerito di raggiungere l’obiettivo del 5% del Pil in dieci anni, con agevolazioni e pagamenti dilazionati anno per anno. Un impegno sostenuto nel tempo che permetterebbe di rispondere alle richieste dell’Ue senza sacrificare eccessivamente altri investimenti, limitando l’impatto esclusivo sulla spesa militare. Anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha espresso concordanza con il piano illustrato da Tajani.

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha invece ribadito che una decisione definitiva potrebbe arrivare il prossimo 24 e 25 giugno all’Aja, ma ha sottolineato che la decisione sulle spese militari spetta al Parlamento. Contrario all’aumento dell’investimento militare si è mostrato il centrosinistra, con diversi esponenti che hanno evidenziato i costi elevati di una simile scelta.

L’aumento delle spese militari: cosa succede?

Oggi la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha incontrato il segretario generale della Nato, Mark Rutte, a Palazzo Chigi. Nel corso dell’incontro preparatorio al vertice della Nato del 24 e 25 giugno all’Aja, la premier ha ribadito come l’aumento della spesa militare, per quanto auspicabile, comporti costi elevati. Secondo una nota di Palazzo Chigi diffusa dopo l’incontro, la gestione delle spese militari richieste dall’Alleanza Atlantica è stata il tema centrale del confronto.

Al vertice della Nato, Meloni annuncerà che l’Italia ha già raggiunto il target del 2% del Pil in spese militari, ma la nuova sfida sarà rispettare i nuovi obiettivi dell’Alleanza. Si punta infatti a un aumento al 5% delle spese militari, una scelta che triplicherebbe le risorse attualmente stanziate. Il timore è che un riarmo così significativo possa indebitare ulteriormente il Paese e alimentare il malcontento tra la popolazione.

Le soluzioni del governo

Per evitare di aumentare il debito pubblico a causa della spesa militare, si è pensato di ricorrere a strumenti europei, come deroghe alle regole di bilancio. In parallelo, il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani ha proposto di dilazionare il pagamento nel corso di dieci anni, così da non incidere in modo troppo netto sui conti pubblici. L’obiettivo è portare la spesa al 5% entro il 2035, con una maggiore flessibilità annuale, ha spiegato Tajani al termine della riunione ministeriale “Weimar Plus” dedicata all’Ucraina e alla sicurezza europea.

Anche il ministro dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini ha condiviso questa soluzione, ribadendo però la sua contrarietà a un esercito europeo e all’aumento delle spese militari che, secondo lui, penalizzerebbero gli italiani.

Crosetto: “L’Italia non ha concordato il 5%”

Visibilmente irritato, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha risposto oggi in question time alla Camera a una interrogazione di Alleanza Verdi Sinistra. Crosetto ha chiarito che il governo non ha mai concordato un aumento delle spese militari fino al 5% del Pil. Il discorso rimane quindi aperto in vista del summit Nato dell’Aja.

Secondo Crosetto, quella del 5% è una proposta americana, mentre il segretario generale della Nato ha parlato di un 3,5% più un 1,5% aggiuntivo per la sicurezza. L’impegno della Nato è collettivo, ha ribadito il ministro, sottolineando il ruolo fondamentale dei Parlamenti nazionali nella decisione finale, che deve avvenire in base alle leggi di bilancio di ciascun Paese:

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“Qualsiasi aumento delle spese militari dovrà passare attraverso il Parlamento.”

Crosetto ha inoltre assicurato che un eventuale aumento, anche se dilazionato nel tempo, non inciderà su sanità, istruzione e pensioni.Un concetto ribadito alla stampa qualche minuto più tardi:

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Il 5% deve essere reso compatibile con il bilancio di ogni Stato

Tuttavia, le opposizioni – in particolare Movimento Cinque Stelle e Alleanza Verdi Sinistra – hanno espresso scetticismo, parlando di una spesa aggiuntiva di circa 400 miliardi in dieci anni. La questione della spesa per la difesa sembra destinata a trovare una risposta definitiva solo dopo il summit Nato del 24 e 25 giugno.

Estremamente critico il co portavoce di Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli, che commenta così l'incontro tra Meloni e Rutte e i possibili investimenti sulla difesa:

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Meloni si è inchinata al segretario della Nato, Mark Rutte, e ha detto che pagherà 132 miliardi di euro in totale. La sanità è al collasso, hanno aumentato le pensioni di 10 centesimi al giorno e la scuola affonda. Non dicono dove prenderanno i soldi

Riassunto finale in tre punti

  • Il centrodestra punta a un aumento della spesa militare al 5% del Pil, ma propone di raggiungerlo gradualmente entro dieci anni con agevolazioni per evitare un impatto eccessivo sui conti pubblici e altri servizi essenziali.
  • La premier Giorgia Meloni ha confermato al vertice Nato che l’Italia ha raggiunto il target del 2%, ma il prossimo obiettivo è il 5%, che comporterebbe un investimento triplicato, suscitando timori per l’indebitamento e il malcontento popolare.
  • Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha precisato che la decisione finale spetta al Parlamento e ha negato un accordo sull’aumento al 5% del Pil, mentre le opposizioni denunciano i costi elevati e il possibile impatto su sanità e istruzione.
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