Una questione chiusa (forse) tra i mugugni e gli sguardi cagneschi, ma che da tempo minacciava la stabilità della maggioranza. La vicenda relativa al terzo mandato, negli scorsi giorni, si è finalmente conclusa, magari non nel modo più pacifico, e il governo ora può tirare – almeno fino alla prossima questione cardine – un sospiro di sollievo. A difendere la possibilità di una terza rielezione dei governatori delle Regioni c'era in prima linea il ministro dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini.
Una mossa ben calcolata quella della Lega. In caso di approvazione del terzo mandato, diversi presidenti di Regioni settentrionali – storici fortini del Carroccio – sarebbero stati riconfermati ancora una volta, dando forza politica e credibilità al partito di Salvini in un momento di relativa crisi. A opporsi è Forza Italia: il segretario Antonio Tajani ha ribadito in diverse occasioni che il terzo mandato non era nei piani del governo e che il suo partito non avrebbe appoggiato una proposta del genere. Negli scorsi giorni, Tajani è stato molto netto a riguardo.
E ora? Ci sono diversi presidenti di Regione che non potranno correre alle prossime elezioni e buona parte di questi sono esponenti della Lega. Non mancano però anche esponenti del centrosinistra, come Vincenzo De Luca, governatore della Campania – regione dalla quale è arrivata la legge sul terzo mandato poi impugnata dalla Consulta.
Dopo le prime tensioni dovute alla legge regionale della Campania sul terzo mandato, il governo si è diviso: da una parte Forza Italia si è schierata contro l'ipotesi di una terza rielezione assieme a Fratelli d'Italia, le cui polemiche sono state molto più contenute. La Lega, invece, era favorevole alla possibilità di un terzo mandato per i presidenti di Regione.
Ad aprile la Corte Costituzionale, che aveva impugnato la legge, ha stabilito che il limite di mandati fosse due. Le polemiche non si sono esaurite, a causa anche della legge "trentina", approvata dal Consiglio provinciale di Trento, che estende da due a tre i mandati consecutivi per il Presidente della Provincia autonoma. Questo avrebbe aperto la strada a Maurizio Fugatti per ricandidarsi nel 2028. A causa di quest'altro provvedimento locale, si sono riaperte molte polemiche nella maggioranza.
Dopo mesi di dissidi tra Lega e Forza Italia si è ipotizzato uno "scambio": il partito azzurro avrebbe accettato il terzo mandato e, in cambio, la Lega avrebbe aperto alla riforma forzista sulla cittadinanza. Lapidari entrambi i leader di partito: si parla di politica, non di mercato o di baratto.
A perdere, per ora, è la Lega. Senza il terzo mandato non sarà possibile riconfermare alcuni dei presidenti di Regione più apprezzati legati al Carroccio e bisognerà lavorare per trovare dei nuovi candidati in vista delle prossime elezioni. Il caso più imminente è quello di Luca Zaia, governatore della Regione Veneto uscente. Il "Doge" non ha accolto positivamente la notizia sul terzo mandato, ma ha accettato in maniera pacata la fine della battaglia per la rielezione per una terza volta.
Tuttavia Zaia sarebbe irritato, stando a quanto scrive La Stampa, con il segretario Salvini per l'incapacità del partito di rappresentare i territori. Le elezioni in Veneto si terranno nell'autunno di quest'anno e il centrodestra sembra essere in difficoltà pur giocando in casa: difficile che il centrosinistra ne approfitti, ma i dissidi tra le sezioni locali di FdI, FI e Lega sembrano non essersi placati.
E dopo Zaia? Neanche Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, potrà essere riconfermato per un terzo mandato. Le elezioni in Friuli si sono tenute nel 2023 e il 2028 è ancora molto lontano: questo consentirebbe alla Lega di riorganizzarsi, nonostante Fedriga sia uno degli esponenti centrali del partito nel Nord Italia. Non manca all'appello nemmeno il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana in carica dal 2018 e già al suo secondo mandato. Il voto anche in Lombardia si terrà nel 2028.
Infine Vincenzo De Luca, dissidente del Pd di Schlein e prima vera "vittima" delle decisioni sul terzo mandato. Lo Sceriffo, che sperava di poter essere riconfermato, è stato abbandonato dal proprio partito e non correrà alle prossime elezioni, pur avendo l'appoggio di buona fetta della popolazione campana.