Ancora una spaccatura, questa volta su un tema che doveva unire. Alla vigilia del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno, la Camera dei Deputati si ritrova teatro di un confronto acceso e frammentato, con le opposizioni che si presentano in ordine sparso, divise su temi chiave della politica estera e della difesa. Le risoluzioni presentate da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e dai partiti centristi evidenziano divergenze profonde, soprattutto su Iran, Ucraina, Russia ed Europa della difesa.
Tante le divisioni e tra i banchi dell'opposizione c'è qualcuno che punta il dito contro i propri alleati. Nel mirino finiscono i pentastellati accusati di intrattenere rapporti con Mosca e di non essere d'accordo con l'invio di armi all'Ucraina per questa ragione.
Sul fronte della crisi in Medio Oriente, Pd, M5s e Avs mostrano invece una rara convergenza. Le tre forze chiedono al governo italiano di non mettere a disposizione basi militari per eventuali operazioni contro l’Iran. Il Pd invita l'esecutivo a dichiarare che l’Italia "non parteciperà ad azioni militari" e che "non fornirà sostegno logistico" agli alleati.
I Cinque Stelle rincarano, chiedendo di "non autorizzare l’utilizzo delle basi italiane da parte delle forze armate statunitensi". Alleanza Verdi e Sinistra si allinea, chiedendo di escludere qualsiasi forma di partecipazione, diretta o indiretta, a operazioni contro Teheran non conformi alla Costituzione e al diritto internazionale. Di tutt’altro tenore le mozioni dei centristi, che evitano ogni riferimento esplicito all’uso delle basi italiane.
Azione si concentra invece sul fronte diplomatico, invitando il governo a promuovere negoziati e sottolineando l’inammissibilità del programma nucleare militare iraniano. Come il Pd, anche Azione chiede il rafforzamento del sostegno europeo all’Ucraina e l’unità dei Paesi UE di fronte a un possibile ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, che potrebbe minare l’attuale assetto di cooperazione transatlantica.
Le divisioni si fanno ancora più marcate sul piano "ReArm Europe", la proposta della Commissione Europea per rafforzare la difesa comune. Il M5s chiede al governo di opporsi in tutte le sedi al progetto, mentre Avs propone addirittura di non aderire a nessun accordo NATO o europeo che implichi un aumento della spesa militare. Il PD, pur non aderendo alla recente manifestazione contro il riarmo, prende le distanze dal piano, chiedendo una sua "radicale revisione". All’opposto, Italia Viva sostiene pienamente l’iniziativa, invitando l’Italia a farsi promotrice della sua attuazione e di una strategia comune sull’approvvigionamento e sviluppo degli armamenti in Europa.
In sintesi, la seduta parlamentare che precede il Consiglio europeo riflette le tensioni geopolitiche attuali ma anche una profonda frammentazione politica interna. Le opposizioni non riescono a trovare una linea comune né su Iran, né su Ucraina, né sull’Europa della difesa. In questo scenario, il dibattito alla Camera si trasforma in un microcosmo delle difficoltà dell’Europa: unita nei principi generali, ma divisa nelle strategie da adottare.
Uno dei nodi più controversi riguarda la posizione sul gas russo. Il Movimento 5 Stelle, nella propria mozione, riapre alla possibilità di futuri accordi energetici con Mosca. Il testo suggerisce di "non escludere a priori e pro futuro una possibile collaborazione con la Russia", allo scopo di garantire la resilienza energetica dell'UE e contenere i costi di energia e gas. La proposta ha scatenato forti reazioni: il senatore del PD Filippo Sensi l'ha definita "irricevibile" e "sconvolgente", sottolineando come l’invasione russa continui a devastare l’Ucraina. Ancora più dura la deputata di Azione, Daniela Ruffino, che accusa i Cinque Stelle di voler piegare l’Italia alla volontà di Putin.
Le conseguenze di queste frizioni interne si fanno sentire anche all'interno del Partito Democratico. Secondo indiscrezioni parlamentari, alcuni esponenti potrebbero rompere la linea dell’astensione decisa in assemblea, votando contro la mozione M5s. Un precedente significativo è quello di Lorenzo Guerini, che in passato si è già dissociato votando ‘no’ su parti simili legate al gas russo e alla spesa militare.