Oggi, sabato 28 giugno 2025, è il gran giorno del Pride di Budapest, un appuntamento che ha assunto un'importanza che va ben al di là di quella, di per sé già grande, di manifestare per i diritti della comunità Lgbtqi+ come si fa in tutte le capitali del mondo non solo occidentale ormai da anni.
A Budapest, infatti, oggi si è prenotata una pagina di storia delle battaglie per i diritti: mai come quest'anno, il Pride è diventato l'occasione per gridare in faccia ad Orban che un'altra Ungheria è possibile a meno di un anno dalle elezioni politiche fissate ad aprile del 2026. Ma non solo: il Pride è diventato l'occasione per dimostrare all'autocrate amico di Putin che c'è un'Europa che non vuole più rimanere suo ostaggio.
Nella capitale magiara sono annunciati ben 70 europarlamentari. Non ci sarà, però, la più attesa almeno sulla sponda italiana: Ilaria Salis. Come mai?
Come mai l'attivista di sinistra diventata europarlamentare tra le fila di Alleanza Verdi e Sinistra nel 2024 ha deciso di disertare l'appuntamento con la piazza ungherese? Evidentemente, perché ha valutato che avrebbe rischiato troppo dal punto di vista giudiziario.
La parlamentare è stata già rinchiusa in carcere per circa un anno in attesa di un processo intentatole con l'accusa di aver aggredito dei manifestanti in occasione dell'adunata dell'estrema destra che si tiene a Budapest ogni anno. E proprio in questi giorni è impegnata affinché il parlamento europeo ribadisca la sua immunità. Rischia ancora qualcosa come 24 anni di prigione senza alcun rispetto dei diritti umani. E Orban già più volte ha giurato di fargliela pagare.
Per questo, anche uno dei suoi ultimi post in ogni caso è dedicato al governo ungherese
Ma chi ci sarà al corteo di oggi per i diritti della comunità Lgbtqi+ e, più in generale, per riaffermare lo stato di diritto in Ungheria? Dall'Italia partiranno i rappresentanti di quasi tutto il centrosinistra, da Elly Schlein a Carlo Calenda passando per Fratoianni e Bonelli.
In particolare, sarà corposa la delegazione dem: con la segretaria, ci saranno i dirigenti Annalisa Corrado, Cecilia Strada e Brando Benifei oltre che il responsabile diritti Alessandro Zan.
Proprio quest'ultimo ha avuto modo di dire che la presenza delle forze progressiste oggi a Budapest corrisponde a "un dovere morale":
ha commentato a proposito dell'ultima scelta di Orban di mettere la sfilata fuorilegge.
Fatto sta che oggi Orban dovrà fare i conti non solo con i parlamentari europei che sono arrivati a Budapest per manifestare con la comunità Lgbtqi+, ma anche con due sue spine nel fianco che promettono di rendergli la vita difficile come non mai l'anno prossimo, quando l'Ungheria tornerà al voto per scegliere il suo nuovo presidente.
Il primo si chiama Peter Magyar ed è il leader dell'opposizione che i sondaggi danno in testa alle preferenze degli ungheresi anche di dieci punti. Il secondo risponde al nome di Gergely Karacsony, il sindaco progressista di Budapest che si è assunto la responsabilità politica di far svolgere la manifestazione di oggi nonostante il divieto governativo.
Il tutto, mentre all'orizzonte si staglia un altro scandalo: due settimane prima del vertice Nato che ha deciso di dedicare il 5% del Pil dei Paesi membri alla difesa, Orban ha annunciato una sorta di privatizzazione dell'industria militare del suo Paese senza gare né appalti. E il sito investigativo VSquare ha scoperto che il settore andrà in mano a persone a lui vicinissime.