16 Jul, 2025 - 09:54

Garlasco, il DNA ignoto 3 frutto di contaminazione? Il racconto dei soccorritori smentisce questa ipotesi

Garlasco, il DNA ignoto 3 frutto di contaminazione? Il racconto dei soccorritori smentisce questa ipotesi

Il delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007, non smette di sollevare interrogativi e nuove piste investigative. Ma una delle poche certezze condivise dalla comunità scientifica e dagli addetti ai lavori è rappresentata dalla scrupolosità dei soccorritori intervenuti sulla scena del crimine. I verbali dell’epoca sottolineano come medici e operatori abbiano seguito protocolli rigorosi per evitare qualsiasi contaminazione del corpo e della scena.

Garlasco, il resoconto dei soccorritori

Elisabetta Rubbi, medico del 118 di Vigevano, giunta presso la villetta di via Pascoli con la sua équipe, ha dichiarato di aver indossato insieme all’infermiera Sonia Bassi e all’autista Enrico Colombo calzari di protezione e guanti di lattice durante tutte le operazioni sulla vittima.

La loro attività di verifica del decesso si è svolta senza spostare la salma, toccandola solo con mani protette, come imposto dalle procedure di emergenza. “Tutta la mia attività di accertamento si è svolta senza muovere il cadavere dalla sua posizione, procedendo tuttavia a toccarlo in alcune sue parti, sempre con le mani protette da guanti in lattice”, si legge nei verbali.

In aggiunta, anche i titolari dell’impresa di onoranze funebri chiamati per le prime operazioni hanno riferito di aver indossato tute protettive di carta e guanti in lattice, consapevoli della delicatezza di ogni contatto sul luogo del delitto.

Lo scenario della villetta e la gestione della scena del crimine

Il personale sanitario, trovatosi davanti un ambiente particolarmente cruento, ha descritto con precisione il luogo: porta aperta, luce accesa nel seminterrato e il corpo senza vita di Chiara Poggi. Da parte dei soccorritori è emersa molta attenzione a non alterare lo stato dei luoghi, delle cose e delle persone. Non si è proceduto a manovre inutili sulla scena, né sono stati effettuati spostamenti del corpo salvo quelli strettamente necessari per l’accertamento del decesso.

Il punto cruciale: il DNA “Ignoto 3” e i dubbi sull’inquinamento

Nonostante la cautela documentata, nelle ultime settimane l’attenzione mediatica e giudiziaria si è concentrata sulla scoperta di un profilo genetico sconosciuto — denominato “Ignoto 3” — rinvenuto in un tampone orale prelevato durante l’autopsia di Chiara Poggi dopo 18 anni. Le analisi eseguite dalla genetista Denise Albani hanno rivelato la presenza di un DNA nucleare maschile completo (Y947), distinto sia dal profilo dell’allora indagato Andrea Sempio sia da quello di Alberto Stasi, già condannato in via definitiva per l’omicidio.

Dai cinque prelievi effettuati sul materiale orofaringeo, tre sono risultati inutilizzabili; uno ha svelato il DNA dell’assistente del medico legale Ernesto Gabriele Ferrari, mentre il quinto ha portato all’identificazione del misterioso “Ignoto 3”. Si tratta di un profilo completo, ricco di marcatori genetici, che ora sarà confrontato con quelli di una trentina di operatori sanitari, soccorritori e personale intervenuto nel corso delle indagini e delle pratiche autoptiche. L’intento è escludere definitivamente che si tratti di una contaminazione incidentale e non della traccia biologica dell’assassino.

Le ipotesi a confronto: contaminazione vs. nuova pista investigativa

La scoperta di “Ignoto 3” ha riaperto i dibattiti tra i consulenti della difesa e quelli della famiglia Poggi. Da un lato, la meticolosità rilevata nei verbali dei soccorritori sembra escludere in modo netto contaminazioni dirette avvenute durante gli interventi di primo soccorso, come ribadito più volte dalla stessa dottoressa Rubbi.

Dall’altro lato, specialisti come la genetista Albani e i consulenti nominati suggeriscono prudenza: nonostante tutte le precauzioni è fondamentale accertare quando e come sia avvenuto il prelievo del campione risultato “positivo”. In particolare, si indaga se in sala autoptica siano state rispettate tutte le norme per prevenire contaminazioni crociate e chi fosse esattamente presente in quel momento.

La parola agli esperti e le prospettive

Dalle relazioni ufficiali emerge un quadro di professionalità e attenzione: tutti gli operatori avrebbero seguito le procedure previste, senza commettere leggerezze o omissioni. Tuttavia, la comparsa di un DNA sconosciuto sul corpo di Chiara Poggi rimane un elemento inquietante, che i test in corso dovranno spiegare con assoluta chiarezza.

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