22 Jul, 2025 - 18:24

Vannacci preferisce Putin a Zelensky, la Carfagna lo attacca: "Si dimetta"

Vannacci preferisce Putin a Zelensky, la Carfagna lo attacca: "Si dimetta"

Il panorama politico italiano è stato scosso dalle recenti dichiarazioni di Roberto Vannacci, generale ed eurodeputato, che durante un evento ha espresso la sua preferenza per Vladimir Putin rispetto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Le sue parole hanno provocato una forte reazione da parte del mondo politico, in particolare di Mara Carfagna, che ha invitato Vannacci a dimettersi, ritenendo la sua posizione incompatibile con la linea ufficiale del governo.

Cosa ha detto Vannacci su Putin e Zelensky?

Durante una serata dello spettacolo “La Zanzara” a Marina di Pietrasanta, Roberto Vannacci, vicesegretario della Lega, ha risposto senza esitazioni a una tra le domande più divisive di questi tempi: “Tra Putin e Zelensky, scelgo Putin. Uno fa il politico da 30 anni, l’altro faceva il comico. Il primo governa col sostegno dei russi, ci sono sempre state le elezioni…”.

A rincarare la dose, Vannacci ha poi avanzato dubbi sulle responsabilità del Cremlino riguardo la morte dell’oppositore russo Aleksey Navalny, dicendo: “Putin ha ucciso Navalny? E chi lo dice? Quando me lo dimostreranno con prove oggettive ci crederò”.

Non sono mancati riferimenti alla leadership di altri personaggi storici e attuali, come Churchill e Mussolini, e una serie di battute provocatorie che hanno acceso ulteriormente il dibattito.

La reazione di Mara Carfagna: “Vannacci si dimetta”

Immediata, e decisa, la risposta di Mara Carfagna, ex ministra e oggi figura di rilievo dell’area centrista. Carfagna ha denunciato l’incoerenza istituzionale delle parole di Vannacci, sottolineando che un vicesegretario della Lega – partito che sostiene un governo la cui politica estera è fondata sul supporto all’Ucraina – non può pubblicamente schierarsi a favore del presidente russo e contro la linea nazionale.

“Se Vannacci fosse coerente, dopo questa affermazione dovrebbe dimettersi. È vicesegretario di un partito che appoggia un governo che ha sempre fatto del sostegno a Kiev, militare, umanitario ed economico, un punto qualificante della sua politica estera. Quello che dice è in contrasto con ciò che fa il governo da lui sostenuto. È un problema di coerenza”.

Carfagna ha poi aggiunto come “la posizione di Vannacci sia isolata rispetto all’indirizzo ufficiale dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni”, e che “la linea di politica estera non la dà lui”.

La polemica nella Lega e le ricadute politiche

Le frasi del generale Vannacci sono esplose come una miccia in una Lega che, pur mantenendo una posizione più cauta rispetto ad altri alleati sull’invio di armi e sul sostegno a Kiev, non aveva mai fatto trapelare una preferenza così netta per il Cremlino rispetto ai partner occidentali. Vannacci, già noto per altre provocazioni e per uno stile comunicativo sopra le righe, si è ritrovato così al centro di una vera e propria bufera politica.

Secondo diversi esponenti della maggioranza, “la politica estera la detta il governo italiano, in coerenza con l’Unione europea e la NATO. Le sparate personali non cambiano questa impostazione e rischiano solo di isolare l’Italia sullo scenario internazionale”. Persino tra i vertici leghisti non sono mancate voci discordi, a conferma di un crescente disagio sulla visibilità politica di Vannacci.

Tra provocazioni e revisionismo

L’episodio odierno si inserisce in un filone di dichiarazioni spesso provocatorie e revisioniste da parte di Vannacci: dalla rivalutazione storica di Mussolini (“fece anche cose buone”) alle battute su politici contemporanei e temi sociali. Questa volta però l’impatto è stato più profondo, perché arriva su una linea di frattura fondamentale del quadro geopolitico europeo.

Quali conseguenze?

La domanda, ora, è se la Lega e il governo prenderanno provvedimenti o se le dichiarazioni di Vannacci verranno archiviate come “opinionismo” personale. Nel frattempo, la richiesta di dimissioni da parte di Carfagna ha avuto ampia eco sui media e tra esperti di diritto e istituzioni. Il rischio, per la maggioranza, è che l’uscita del generale contribuisca ad alimentare tensioni interne e a complicare il delicato equilibrio nella maggioranza di governo.

 

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