Roberto Calvi, noto come il “banchiere di Dio” per i suoi rapporti stretti con il Vaticano, resta uno dei personaggi simbolo dei misteri finanziari italiani. Il suo patrimonio, il suo stile di vita e i suoi beni – intrecciati tra società off-shore, manovre bancarie e scandali internazionali – continuano ancora oggi a suscitare curiosità e interrogativi.
La domanda sul patrimonio esatto di Calvi resta complessa, a causa dell’enorme quantità di denaro gestita tramite conti cifrati, società offshore e operazioni internazionali. Di fatto Calvi non fu solo amministratore del Banco Ambrosiano, ma anche federatore di una fitta rete finanziaria che movimentò miliardi di dollari tra la Svizzera, i Caraibi, l’America Latina e diversi paradisi fiscali. La massa di denaro gestita – e in parte dispersa – venne stimata tra 1,2 e 1,4 miliardi di dollari all’epoca del crack (oltre 2.000 miliardi di lire), con passaggi attraverso società collegate anche allo IOR (la Banca Vaticana).
A livello personale, Calvi accumulò senza dubbio un grande capitale, ma molto di questo patrimonio non fu mai ricondotto direttamente a lui: i beni risultavano intestati a società di comodo o depositati su conti bancari cifrati all’estero, schermati da trust e società panamensi o lussemburghesi. Secondo le inchieste successive, al momento della morte Calvi portava con sé una somma in contanti (tra cui 15.000 dollari trovati addosso), mentre una “borsa di Calvi”, oggetto di contese e ricatti, sarebbe stata piena di documenti compromettenti e forse titoli di grande valore.
Oltre al denaro liquido mai recuperato, Calvi gestiva immobili e azioni: attraverso il Banco Ambrosiano e le sue società satellite cercò infatti di acquistare quote di controllo in Banche svizzere, finanziarie di Lussemburgo, società internazionali e persino importanti pacchetti azionari editoriali italiani – come quello acquisito nella Rizzoli-Corriere della Sera per 115 miliardi di lire.
A seguito della bancarotta, gran parte del patrimonio personale di Calvi – e soprattutto dei capitali extra-contabili dell’Ambrosiano – scomparve, disperso in una moltitudine di conti off-shore e, secondo molte indagini, utilizzato per fini occulti: finanziamenti politici, sostegno a movimenti anticomunisti in America Latina o in Polonia, riciclaggio di denaro mafioso. La stessa “borsa di Calvi”, oggetto di indagini e di mistero, sarebbe stata desiderata da molteplici attori proprio per i segreti e i valori custoditi al suo interno.
Tutto ciò rende impossibile ancora oggi una quantificazione netta del patrimonio del banchiere: alcune fonti parlano di centinaia di milioni di dollari riconducibili a conti esteri mai recuperati e di ingenti somme in titoli/depositi. Alla sua famiglia, dopo il crack e le pressioni criminali, restò poco rispetto all’immenso tesoro originario.
Roberto Calvi era originario di Milano, città dove nacque nel 1920 e in cui costruì la sua carriera bancaria, prima alla Banca Commerciale Italiana e poi come vertice del Banco Ambrosiano. La sua abitazione principale si trovava proprio a Milano, dove viveva con la moglie Clara Canetti e i due figli.
Negli ultimi anni della sua vita, soprattutto dopo gli scandali che investirono il Banco Ambrosiano e con l’avvicinarsi della crisi, Calvi cambiò spesso residenza per motivi di sicurezza e per evitare gli arresti. Proteggeva la sua privacy con un appartamento milanese blindato e dotato di avanzati sistemi di sicurezza; usava anche una Mercedes blindata e si muoveva con guardie del corpo, temendo minacce sia dall’ambiente criminale sia dai suoi stessi alleati.
Dopo il crollo dell’Ambrosiano, e temendo per la propria sicurezza, Calvi si trasferì all’estero: nei suoi ultimi giorni, infatti, alloggiò presso il residence Chelsea Cloisters a Londra, sotto un nome fittizio e registrando la stanza tramite un collaboratore. Qui fu ritrovato il 18 giugno 1982, impiccato a un’impalcatura sotto il ponte dei Blackfriars – episodio solitamente considerato la conclusione drammatica di una vita passata tra potere e segreti.