Raffaele Fiore, ex membro delle Brigate Rosse (BR), è morto oggi, 29 luglio 2025, all’età di 71 anni. Figura centrale degli anni di piombo, è stato uno dei principali artefici dell'agguato di via Fani e del sequestro di Aldo Moro, segnando con il suo operato alcune delle pagine più drammatiche della storia italiana recente.
La sua scomparsa rappresenta la chiusura di un capitolo oscuro per il nostro Paese, simbolo di una stagione di violenza politica che ha lasciato ferite profonde.
La morte di Raffaele Fiore è avvenuta in Puglia, dove si era trasferito dopo la scomparsa della moglie. Le notizie riportano che il decesso sia avvenuto per cause naturali, legate alle condizioni di salute dell’ex brigatista e alla sua età avanzata.
Non risultano particolari circostanze o eventi traumatici collegati alla morte, che sarebbe avvenuta in un contesto privato.
Raffaele Fiore era nato a Bari il 7 maggio 1954. Negli anni ’70 si era trasferito in Lombardia per lavoro, trovando impiego come operaio alla Breda di Sesto San Giovanni.
Rimasto orfano da giovane, aveva vissuto un periodo difficile che lo portò presto ad aderire all’estremismo militante di estrema sinistra.
Da operaio, si legò progressivamente agli ambienti della lotta armata e delle Brigate Rosse, diventando in seguito una figura di spicco nella colonna delle BR di Torino. Da tempo, ma soprattutto dopo la morte della moglie, si era ritirato a vivere in Puglia, la sua terra d’origine.
Fiore fu sposato con Angela Vai, anche lei ex militante delle Brigate Rosse torinesi. La donna, conosciuta negli ambienti della lotta armata come “Augusta,” lo aveva affiancato sia durante il periodo della clandestinità sia negli anni successivi alla fine della stagione terroristica.
La coppia visse insieme fino alla morte di Angela, avvenuta pochi mesi fa. Non risultano informazioni pubbliche sull’esistenza di figli; le cronache oggi ricordano soprattutto il legame personale e militante tra Fiore e la moglie, compagna di vita e di lotta.
Raffaele Fiore restò coinvolto direttamente in alcuni degli episodi più noti e sanguinosi delle Brigate Rosse negli anni '70. Venne riconosciuto come uno dei quattro brigatisti travestiti da avieri che, il 16 marzo 1978 in via Fani a Roma, aprirono il fuoco sulla scorta di Aldo Moro, uccidendo cinque uomini e sequestrando il presidente della Democrazia Cristiana.
Secondo la ricostruzione giudiziaria, fu proprio Fiore ad aiutare Mario Moretti a estrarre Moro dalla Fiat 130 per trasferirlo sulla vettura usata per la fuga; la sua impronta fu rinvenuta sulla portiera dell’auto.
Non solo il caso Moro: a Fiore sono attribuite altre azioni armate delle BR, tra cui il ferimento del capo officina Fiat Antonio Munari e la partecipazione ad altri attentati e omicidi a Torino.
Nell’autunno del 1978 entra a far parte anche del Comitato Esecutivo delle Brigate Rosse, il massimo organo di direzione dell’organizzazione terroristica.
Fu arrestato il 19 marzo 1979 a Torino e, nel processo “Moro-Uno” tenutosi a Roma nel gennaio 1983, venne condannato all’ergastolo. Nel 1997 ottiene la libertà condizionale, ma non si pentì mai né si dissociò dalla lotta armata, dichiarandolo apertamente anche negli anni successivi.
La morte di Fiore chiude definitivamente il percorso di una figura controversa, protagonista della strategia della tensione e di uno dei sequestri più drammatici della storia italiana.