31 Jul, 2025 - 23:17

Quando tre studenti livornesi beffarono il mondo dell’arte

Quando tre studenti livornesi beffarono il mondo dell’arte

Ora è ricercatore e direttore del Dipartimento di Oncologia Irccs Multimedica e direttore della struttura complessa di oncologia dell’ospedale San Giuseppe di Milano ma nel suo curriculum vitae ha voluto inserire anche l’episodio che ha segnato la sua vita: è stato uno degli autori della beffa del secolo che si consumò a Livorno. Pier Francesco Ferrucci, insieme a Pietro Luridiana e Michele Ghelarducci, tutti livornesi doc, realizzò una delle tre teste ripescate nel luglio-agosto 1984 nel fosso Reale di Livorno. Il personaggio e l’intera vicenda la ricorda Il Tirreno.

Tutti, o quasi, credettero che l’opera realizzata artigianalmente con il Black & Decker e gli scalpelli dagli studenti universitari labronici fosse vera. Come le altre due scolpite dallo scultore livornese Angelo Froglia e anch’esse gettate nel canale. Erano false e il clamoroso errore diventò un caso mondiale perché a Livorno erano arrivati gli inviati di giornali e tv di tutto il mondo. 

Le teste non erano di Modì ma realizzate con il Black & Decker

Vera Durbè, che aveva realizzato in città in quei giorni la mostra del centenario della nascita di Modì, giurava fossero quelle che Modigliani aveva gettato nel 1909 nel fosso Reale prima di emigrare pieno di collera a Parigi perché la sua città non lo apprezzava. La Durbè pianse dalla gioia ma quando la verità emerse le lacrime si trasformarono in disperazione e ci rimase male anche il grande critico Giulio Carlo Argan. 

Ora le teste sono in una saletta dedicata del Museo Città di Livorno. “L’idea fu di Pietro Luridiana, che reclutò Michele Genovesi e me. Poi io coinvolsi Michele Ghelarducci. Al momento della realizzazione c’era anche la mia fidanzata, adesso mia moglie, Elisabetta Ciuti. Un episodio che ha segnato positivamente la nostra vita, ha saldato la nostra amicizia e ci ha insegnato a muoverci in ambiti complicati: il sospetto, il dubbio, il falso, la ferocia dei mass media” ricorda Pier Francesco Ferrucci.

 

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