Intervistato da Pietro Senaldi per Libero, Stefano Bandecchi parla della sua candidatura alla presidenza della Campania e dei suoi progetti politici per la regione e per l’Italia. Ma non solo: nel dialogo con il direttore spiega cosa significhi “essere bandecchiano”, contrapponendosi alle contraddizioni di una sinistra che, quando governa insieme – come accaduto in Umbria – finisce paralizzata dai disaccordi. «Come si fa a fare delle battaglie per i diritti dei gay un caposaldo e poi schierarsi con Hamas, che i gay li perseguita?», si chiede.
«La gente è incazzata, perché in Italia non c’è nulla che sia meglio di trent’anni fa», aggiunge il sindaco e presidente della Provincia di Terni, rivendicando non solo il suo essere arrabbiato, ma soprattutto la capacità «di far funzionare le cose meglio degli altri».
«Lo chieda ai miei concittadini», afferma rivolgendosi a Senaldi. «Ho rifatto le strade spendendo 45 mila euro a chilometro, quando prima se ne spendevano 200 mila».
Parlando della sua candidatura alla presidenza della Campania con Dimensione Bandecchi, Bandecchi esalta le potenzialità della regione, un tempo «tre volte più ricca ed evoluta del resto della nazione» e oggi, a suo dire, abbandonata dall’incapacità delle classi dirigenti.
«Io non credo che i campani vogliano essere mantenuti», sottolinea Bandecchi, ricordando come «quelli che lo Stato chiamava briganti» fossero in realtà «soldati che combattevano per la loro libertà».
Ma non solo: la candidatura in Campania, spiega, rappresenta anche l’occasione politica per «lanciare un messaggio al centrodestra».
Alla domanda di Senaldi, che gli chiede se allora avrebbe voluto essere indicato come candidato della coalizione di centrodestra in Campania, Bandecchi risponde in modo netto: non ha mai voluto padroni in vita sua.
«Le uniche buste paga che ho avuto sono quelle che mi sono firmato da solo», spiega il sindaco di Terni, sottolineando però come il centrodestra, non chiedendogli di allearsi, abbia perso un’occasione. «Non capisco perché non lo facciano, sarebbe la cosa più intelligente».
Incalzato dal direttore di Libero sui suoi modi, che ad alcuni potrebbero sembrare troppo bruschi, Bandecchi è netto:
Tornando sulla Campania, Bandecchi commenta la candidatura di Roberto Fico, da lui più volte definito «candidato fantoccio» del campo largo.
Secondo lui, peraltro, Fico punta a conquistare i consensi dei campani favorevoli al reddito di cittadinanza. Per Bandecchi, però, la realtà è ben diversa: i campani non vogliono essere mantenuti, come ben sa Vincenzo De Luca che, «conosce bene la sua gente» e per questo non perde occasione per umiliare pubblicamente Fico. «Non mi dispiace De Luca», osserva Bandecchi, «mi meraviglio che sia nel Pd».
Una convivenza, quella con i dem, che secondo il sindaco di Terni non giova all’immagine dello Sceriffo, sempre più critico verso il suo stesso partito. «Sta nel partito perché sta imponendo il figlio come segretario regionale», ragiona Bandecchi, «ma così fa la figura del peracottaro. Parlano tanto di democrazia e poi passano il potere per linea ereditaria».
Proprio sul tema della democrazia, Senaldi ricorda a Bandecchi come in più occasioni sia stato etichettato come fascista. Un’accusa che il candidato governatore in Campania respinge con decisione: «Io fascista non sono, il mio maestro è Silvio Berlusconi». Anzi, sottolinea Bandecchi:
Forte delle sue idee e della sua capacità di fare – «Ho 18 aziende, 2.250 dipendenti, pago quattro milioni e mezzo di tasse al mese e possiedo tre miliardi di patrimonio personale» – Bandecchi rivendica il tempo necessario per costruire il suo progetto politico: «Non ho fretta, non mollo, sono resiliente. Mi ispiro a Giorgia Meloni, anche lei all’inizio non aveva un consenso alto».
Per questo, Bandecchi rivendica i suoi obiettivi, a partire dalla Campania, dove si candida per governare con Dimensione Bandecchi.
Incalzato da Senaldi sul tema del consenso, Bandecchi apre infine una riflessione sulla disaffezione degli elettori: «Chi ha consenso oggi, con la maggioranza degli italiani che non va a votare? È davvero così necessario il consenso? Benito Mussolini è diventato presidente del Consiglio con il 7%».
L’esempio di Mussolini – «un paradosso», come lo definisce – gli serve per evidenziare un dato che giudica preoccupante: «Ho visto un sondaggio secondo cui il 33% degli italiani sotto i 55 anni non disdegnerebbe una dittatura».
Nel finale, Bandecchi risponde alle domande di Senaldi sul tema del rapporto con la magistratura, dalla quale dice di non sentirsi «intimidito»:
Infine, il rilancio sulla riforma della giustizia: «Non sono d’accordo perché è troppo morbida. Dovremmo tornare all’immunità parlamentare: la politica deve essere sopra a tutto».