Con l’arrivo della nuova Manovra economica, il tema delle pensioni anticipate torna al centro del dibattito politico.
Una delle proposte più discusse riguarda la possibilità, a partire dal 2026, di uscire dal lavoro a 64 anni, ben prima dell’età ordinaria fissata oggi a 67 anni. Ma questa flessibilità avrà delle condizioni precise e non sarà accessibile a tutti.
L’obiettivo del Governo è offrire una maggiore libertà nella scelta di quando lasciare il lavoro, bilanciando due esigenze: permettere a chi vuole o ha bisogno di fermarsi prima di farlo, ma solo accettando un assegno più basso e dimostrando di avere una carriera contributiva solida alle spalle.
Una delle novità più rilevanti della riforma riguarda l’estensione della cosiddetta pensione anticipata contributiva anche ai lavoratori che hanno iniziato a versare contributi prima del 1996.
Finora, questa opzione era disponibile solo per chi ha carriere completamente contributive, iniziate dal 1996 in poi.
Dal 2026, potrebbe essere possibile andare in pensione a 64 anni, ma a precise condizioni:
Chi rispetta questi requisiti potrà anticipare la pensione di oltre tre anni rispetto all’età prevista (che nel 2029 sarà di 67 anni e 2 mesi). Tuttavia, solo chi ha avuto una carriera senza interruzioni e con uno stipendio netto superiore ai 1.650 euro mensili potrà accedere senza grosse difficoltà.
Per i lavoratori con redditi netti tra 1.350 e 1.650 euro al mese, la soglia richiesta per la pensione anticipata resta fuori portata.
Per questo, una delle ipotesi al vaglio del Governo prevede la possibilità di trasformare il TFR in rendita vitalizia, da sommare alla pensione contributiva per raggiungere la soglia minima.
Questo strumento consentirebbe di:
Tuttavia, secondo le simulazioni, questa soluzione funziona realmente solo per chi ha un reddito vicino o superiore ai 1.900 euro netti al mese. Chi guadagna meno potrebbe non riuscire a coprire il divario, nemmeno usando tutto il TFR disponibile.
Il Governo sta valutando di introdurre soglie più basse per le donne con figli, per facilitare l’uscita a 64 anni:
Ma anche con queste riduzioni, il pensionamento anticipato rimane accessibile solo a chi ha avuto stipendi medio-alti. In particolare:
La possibilità di andare in pensione a 64 anni rappresenta sicuramente una maggiore flessibilità rispetto al passato, ma è una strada percorribile solo da chi può dimostrare una carriera continua, ben retribuita e con contributi costanti.
Chi ha avuto lavori precari, part-time, pause prolungate o stipendi bassi, difficilmente riuscirà a soddisfare i requisiti richiesti, anche sfruttando il TFR. In pratica, la riforma apre nuove opportunità, ma non risolve le disuguaglianze già presenti nel sistema pensionistico. Anzi, le accentua.
Per molti lavoratori, soprattutto quelli con redditi bassi, la pensione resterà fissata a 67 anni. Per altri, invece, con carriere solide e ben retribuite, il 2026 potrebbe davvero segnare l’inizio di un nuovo modello di uscita più flessibile.