Il 2026 è prossimo a venire e il tema pensioni torna a occupare un posto centrale nel dibattito politico e tra i lavoratori prossimi alla pensione. Soprattutto tra i nati nel 1964, che il prossimo anno compiranno 62 anni, c’è grande attesa per capire se potranno accedere a una nuova forma di uscita anticipata: la Quota 41 flessibile.
La misura è ancora in fase di definizione, ma potrebbe rappresentare un’alternativa più vantaggiosa rispetto all’attuale Quota 103, ritenuta da molti troppo penalizzante a causa del ricalcolo contributivo e dei limiti sull’importo dell’assegno.
La platea interessata dalla nuova misura comprende:
L’obiettivo del Governo è introdurre una formula più equilibrata, che consenta l’uscita anticipata ma senza compromettere troppo l’importo della pensione.
Sebbene i requisiti anagrafici e contributivi restino simili (62 anni e 41 di contributi), la Quota 41 flessibile si differenzia dalla Quota 103 per due motivi principali:
In pratica, per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni, l’assegno sarà ridotto:
Un meccanismo più “morbido” rispetto ai tagli molto più consistenti che derivano dal ricalcolo contributivo puro.
La Quota 41 flessibile sarebbe particolarmente vantaggiosa per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e ha almeno 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995. In questi casi, il calcolo dell’assegno continuerebbe a prevedere una quota retributiva fino al 2011, garantendo così una pensione più alta rispetto al metodo contributivo.
Con Quota 103, invece, anche chi ha contributi pre-1996 deve accettare un ricalcolo totalmente contributivo, con tagli che spesso superano il 30%.
Sulla carta, la Quota 41 flessibile permette di andare in pensione prima, ma non sempre è la scelta economicamente più vantaggiosa.
Un lavoratore che esce a 62 anni, ad esempio, subisce una riduzione del 10% sull’importo. Inoltre, rinuncia a versare altri cinque anni di contributi, perdendo sia l’incremento del montante contributivo che un coefficiente di trasformazione più favorevole (che aumenta con l’età).
Chi esce a 66 anni, invece, avrebbe una penalizzazione del 2% e un assegno sensibilmente più alto. Restare al lavoro fino ai 67 anni consentirebbe di evitare del tutto i tagli, beneficiando pienamente di tutti i vantaggi economici.
Oltre alla Quota 103 e alla possibile Quota 41 flessibile, resta attiva la pensione anticipata ordinaria, che consente l’uscita senza penalizzazioni:
Un’opzione più impegnativa in termini di anzianità contributiva, ma priva di tagli sull’assegno.
La Quota 41 flessibile, se confermata, potrebbe diventare un punto di equilibrio tra la necessità di uscire prima dal lavoro e la volontà di salvaguardare l’importo della pensione. Ma non sarà per tutti: servono comunque 41 anni di contributi, un traguardo non sempre facile da raggiungere.
Nel frattempo, chi guarda al 2026 come anno possibile per il pensionamento, deve iniziare a fare i conti: tra requisiti, penalizzazioni e convenienze, la scelta migliore dipenderà dalla storia contributiva di ciascun lavoratore.