Negli ultimi mesi, la crisi a Gaza ha acceso un dibattito all’interno dell’Unione europea sul ruolo politico ed economico che il blocco deve assumere nei confronti di Israele. La Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, ha proposto un piano di sanzioni che prevede la sospensione parziale degli scambi commerciali e misure contro figure politiche israeliane. Tuttavia, tra i 27 Stati membri esistono divergenze profonde, che riflettono interessi storici, politici ed economici differenti, rendendo l’approvazione e l’applicazione delle sanzioni un percorso complesso e delicato.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha svelato, il 10 settembre 2025, il piano per imporre sanzioni a Israele e sospendere parzialmente gli scambi commerciali a causa delle operazioni militari a Gaza. L’obiettivo è ambizioso e la sua realizzazione appare tutt’altro che semplice.
Dietro la difficoltà operativa si celano soprattutto le divergenze tra i 27 Stati membri dell’Unione europea. Le nazioni del blocco sono divise non solo sulla guerra a Gaza ma anche sul riconoscimento dello Stato di Palestina e sull’imposizione di sanzioni economiche contro Israele.
L’11 settembre, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che chiede un’azione urgente per affrontare la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. La risoluzione è stata approvata con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni.
Il voto del Parlamento è un segnale, tuttavia, la decisione sulle sanzioni richieste dalla Commissione rappresenta una sfida più complessa. L’approvazione non richiede il consenso di tutti i membri, ma ottenere una maggioranza qualificata favorevole alle misure commerciali contro Israele non è affatto scontato.
Questa tensione interna all’UE mostra quanto sia complesso bilanciare pressioni umanitarie e rapporti con Tel Aviv.
Tra gli stati contrari, la Repubblica Ceca, pur chiedendo la cessazione dei combattimenti e un miglioramento della situazione umanitaria, resta al fianco di Israele. Il ministro degli Esteri ceco ha confermato che si opporrà alla sospensione dell’Accordo di Associazione tra UE e Israele.
Anche Austria, Germania, Italia e Ungheria hanno precedentemente mostrato resistenze rispetto alle sanzioni. La Bulgaria potrebbe unirsi ad altri cinque paesi contrari alle misure proposte da von der Leyen.
Praga e Budapest mantengono storicamente legami stretti con Israele. L’Austria e l’Italia restano cauti.
Oltre a motivazioni storiche e diplomatiche queste nazioni valutano attentamente anche i propri interessi commerciali.
La Germania, in particolare, sottolinea il suo obbligo morale nei confronti di Israele, legato alla memoria dell’Olocausto, e ricorda il diritto alla difesa dello Stato ebraico. Tuttavia, anche Berlino ha criticato le operazioni militari israeliane. Il ministro degli Esteri tedesco ha dichiarato a Deutschlandfunk:
L'Unione europea è la principale partner commerciale di Israele. La proposta della Commissione europea comprende un pacchetto di misure che prevede anche la sospensione dell’Accordo di Associazione UE-Israele. Secondo le stime, tale sospensione avrebbe un impatto di circa 227 milioni di euro sugli esportatori israeliani.
Per l’applicazione di queste misure è necessaria l’approvazione di una maggioranza qualificata tra i 27 membri, cioè almeno 15 Stati.
Parallelamente, il piano di von der Leyen include sanzioni contro due ministri israeliani e figure di estrema destra, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. L’approvazione di sanzioni individuali richiede l’unanimità rendendo l’adozione di tali misure particolarmente complessa.