L’utilizzo scorretto dei permessi retribuiti previsti dalla Legge 104/1992, concepiti per assistere familiari con disabilità, può comportare il licenziamento del lavoratore.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2157/2025, che ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente sorpreso, grazie a un’indagine investigativa, a svolgere attività sportive durante le ore di permesso retribuito.
Questa decisione rappresenta un importante richiamo al corretto utilizzo di agevolazioni pensate per situazioni di reale bisogno.
La Legge 104 del 1992 rappresenta una delle principali normative italiane a tutela delle persone con disabilità e dei loro familiari. Tra le agevolazioni più importanti previste dalla legge vi sono i permessi retribuiti per i lavoratori dipendenti, sia del settore pubblico che privato, che devono assistere un familiare affetto da disabilità grave.
In particolare, l’articolo 33, comma 3, della Legge 104 riconosce al lavoratore il diritto a tre giorni di permesso mensile retribuito.
Questi giorni possono essere utilizzati per fornire assistenza continuativa e diretta a una persona con grave disabilità, purché la stessa non sia ricoverata a tempo pieno in una struttura sanitaria o assistenziale.
Dal punto di vista operativo, il lavoratore usufruisce di questi permessi con retribuzione regolarmente corrisposta dal datore di lavoro, che anticipa l’importo in busta paga. Successivamente, l’Inps provvede al rimborso delle somme anticipate tramite compensazioni contributive con il modello F24. Questo meccanismo facilita l’accesso ai benefici senza oneri finanziari immediati per il lavoratore.
Per accedere a tali permessi è necessario presentare apposita domanda all’Inps, corredata dalla documentazione che attesti lo stato di disabilità grave del familiare, riconosciuto secondo i criteri previsti dalla legge. Possono richiedere i permessi:
Un dipendente è stato licenziato per giusta causa dopo che la Corte di Appello di Brescia ha confermato la decisione iniziale, a seguito di un’indagine che ha dimostrato come abbia utilizzato i permessi per svolgere attività sportive, invece di assistere la madre disabile.
Dalle indagini sono stati documentati diversi episodi in cui il lavoratore si è allontanato per ore per praticare sport.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore, stabilendo che è legittimo l’uso di agenzie investigative per accertare abusi nell’utilizzo dei permessi 104.
La giurisprudenza conferma che tali controlli non mirano a verificare il mero adempimento lavorativo, ma a individuare comportamenti illeciti o fraudolenti, come nel caso di uso improprio dei permessi retribuiti.
La Suprema Corte ha ribadito che l’impiego dei permessi per finalità diverse dall’assistenza al familiare disabile configura una grave violazione dei doveri contrattuali e giustifica il licenziamento per giusta causa.
Il beneficio del permesso retribuito comporta infatti un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificato solo se utilizzato per la reale assistenza.
Il rapporto tra permesso e assistenza non deve essere inteso in modo rigidissimo da impedire al lavoratore di gestire altre esigenze personali o familiari.
Tuttavia, il tempo liberato dal lavoro deve essere dedicato prioritariamente alla cura del familiare disabile.
Nel caso esaminato, il comportamento sistematico del dipendente, volto a soddisfare scopi ricreativi, ha evidenziato un abuso che ha legittimato il licenziamento.