02 Oct, 2025 - 12:35

Meloni, due pesi e due misure: Almasri ha avuto il volo di Stato, la Flotilla dovrà pagare

Meloni, due pesi e due misure: Almasri ha avuto il volo di Stato, la Flotilla dovrà pagare

Mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani rassicura alla Camera sul monitoraggio costante della Farnesina sui 22 italiani a bordo della Global Sumud Flotilla, fermati ieri dalle forze israeliane, la premier Giorgia Meloni sceglie di non celare più la propria ostilità verso la missione umanitaria internazionale e verso il sostegno che questa sta riscuotendo anche nel Paese. 

Al punto da far trapelare l’ipotesi – confermata da fonti di maggioranza ai quotidiani La Repubblica e La Stampa – secondo cui il Governo starebbe valutando, una volta garantita la dovuta assistenza consolare, di non pagare il volo di rimpatrio degli attivisti italiani fermati da Israele. 

Una scelta che appare paradossale, se si considera che appena nove mesi fa Osama Njeem Almasri, generale libico ricercato dalla Corte Penale Internazionale, riuscì a sfuggire a un mandato di arresto internazionale rientrando in Libia con un volo di Stato italiano.

Meloni e l’ostilità verso la Flotilla

Ma facciamo un passo indietro. In un commento alla stampa questa mattina – rilanciato anche sui suoi canali social – Meloni ha assicurato che il Governo sta lavorando per riportare a casa gli attivisti italiani. 

Tuttavia, la presidente del Consiglio ha ribadito nuovamente la propria ostilità verso la missione, rivendicando al contrario l’impegno del governo a sostegno dei palestinesi.

"Siamo la nazione non islamica che ha evacuato più persone dagli ospedali di Gaza e i primi per consegna degli aiuti", ha dichiarato Meloni, passando poi al tema del confronto politico. 

La premier contro opposizioni e sindacati

La premier ha detto di non comprendere la decisione delle opposizioni di non votare la mozione unitaria, proposta dalla maggioranza, per certificare il sostegno dell’Italia al piano di pace di Trump. 

"Davvero questo non lo comprendo", ha detto, ricordando l’appoggio al Piano sia da parte dell’Ue che dell’ANP. "Evidentemente rimane solo la sinistra italiana ad avere posizioni radicali", ha concluso, sottraendosi subito a ulteriori domande da parte dei cronisti.

Nel mirino della premier, soprattutto, lo sciopero generale indetto per domani, 3 ottobre, da Cgil e Usb: "Il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme", ha commentato. "Da tutto questo non arriverà nessun beneficio al popolo della Palestina, ma molti disagi al popolo italiano".

I commenti seccati della premier

Che il fastidio di Meloni per l’avanzare della missione – che nei giorni scorsi ha rifiutato la mediazione del Governo e della Cei per consegnare gli aiuti a Cipro – fosse arrivato ormai alle stelle si è reso peraltro evidente ieri. 

A margine del vertice informale del Consiglio europeo a Copenaghen, dove i leader europei hanno discusso del rafforzamento del fianco est della Nato, Meloni ha concesso un punto stampa ai cronisti e, aperto il capitolo Flotilla, ha lasciato trasparire tutta la sua impazienza. 

"Non capisco l’insistere in un’iniziativa che ha dei margini di irresponsabilità", ha dichiarato, accusando la missione di compromettere il piano di pace di Trump. 

"Gli interessi della popolazione palestinese non sono evidentemente la priorità degli attivisti", ha poi concluso, prima di allontanarsi rapidamente dai giornalisti.

Il governo non vuole pagare i voli di rimpatrio degli attivisti

Ma torniamo al dettaglio che, riportato da La Repubblica e La Stampa, forse restituisce meglio di altri la misura del giudizio di Giorgia Meloni sulla missione della Flotilla. 

Secondo quanto riferito dai due quotidiani, pur garantendo l’assistenza consolare – doverosa – agli italiani a bordo, il Governo non avrebbe intenzione di pagare il loro volo di ritorno. 

Una scelta che riflette la volontà di lanciare un messaggio, basato sull’equazione promossa da Israele negli ultimi giorni: lo Stato non coprirà con i soldi dei contribuenti chi è ritenuto avere legami con Hamas, a prescindere dal fatto che tali legami siano provati o meno. 

Una decisione discutibile, ma soprattutto paradossale se si torna con la memoria al 21 gennaio scorso, quando i cittadini italiani hanno invece pagato di tasca propria il volo di Stato che, con il massimo dell’onore, riportò in patria il generale libico Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

Flotilla e Almasri: due pesi e due misure

In quel caso, infatti, nella fretta di allontanare un personaggio scomodo – la cui scarcerazione è ancora oggi al centro del dibattito politico e di un’indagine della Procura di Roma sulle condotte dei ministri Nordio e Piantedosi e del sottosegretario Mantovano – il Governo non ebbe alcun dubbio nell’autorizzare il rimpatrio di Almasri. Non con un volo qualsiasi, con un volo di Stato.

Oggi, invece, la volontà di mandare un messaggio, o forse di vendicare il fastidio provocato dalla missione - che Meloni non ha mai nascosto di interpretare come un tentativo di ostacolare l’azione del suo esecutivo - rischia di tradursi in una gestione ben diversa.

La vicenda potrebbe infatti aprire un precedente grave, ben oltre la vicenda della Flotilla: può la decisione su chi meriti o meno la tutela dello Stato trasformarsi in ritorsione politica?

 

LEGGI ANCHE