Il Parlamento europeo ha deciso la revoca dell’immunità parlamentare per Daniel Obajtek e Michał Dworczyk, due europarlamentari di primo piano appartenenti al partito PiS. Questa svolta offre uno spunto di confronto con quanto accaduto lo stesso giorno (7 ottobre 2025) per altri tre eurodeputati come Ilaria Salis, Klára Dobrev e Péter Magyar, per i quali invece l’Eurocamera ha respinto le richieste di revoca.
Proprio nei diversi orientamenti di Strasburgo emergono riflessioni su garanzie, giustizia e — in prospettiva politica — sulla tenuta dello Stato di diritto nei confronti delle opposizioni e dei partiti di governo.
La revoca dell’immunità a Daniel Obajtek e Michał Dworczyk è stata motivata da richieste formali della procura polacca. Per Obajtek, ex presidente della compagnia energetica Orlen, le indagini riguardano presunti abusi nella stipula di contratti aziendali: in particolare, avrebbe autorizzato due accordi per 393.600 złoty relativi a servizi investigativi che, secondo gli inquirenti, avrebbero favorito interessi privati più che aziendali.
L’accusa principale verte dunque sul danno patrimoniale per la società, regolato dagli articoli 18 e 296 del codice penale polacco. Per questa contestazione si prospetta una pena fino a un massimo di cinque anni di reclusione, anche se le dimensioni del danno non sono tali da far pensare alle sanzioni più elevate.
Nel caso di Michał Dworczyk, già capo di gabinetto del primo ministro, i sospetti si concentrano sull’uso improprio di una mail privata per comunicazioni istituzionali, violando procedure di sicurezza e causando la perdita di materiale investigativo. A Dworczyk vengono addebitati l’abuso di funzioni (art. 231 c.p.) e l’ostruzione della giustizia (art. 239 c.p.), reati punibili teoricamente fino a cinque anni di carcere.
Entrambi gli eurodeputati vedranno formalizzate le accuse solo dopo l’arrivo dei documenti ufficiali dal Parlamento europeo. Da quel momento potranno essere convocati in procura, rischiando anche misure restrittive in caso di mancata collaborazione. Resta da osservare che, secondo gli avvocati, i tempi per un processo effettivo saranno tutt’altro che brevi e, soprattutto per Obajtek, la prima sentenza potrebbe arrivare non prima di un anno e mezzo.
Il 7 ottobre è stato cruciale anche per altri europarlamentari, ma l’esito è stato opposto. L’italiana Ilaria Salis, la magiara Klára Dobrev e Péter Magyar (entrambi opposizioni al governo Orbán) hanno beneficiato del respingimento delle richieste di revoca della loro immunità parlamentare da parte di Strasburgo.
Nel primo caso, la richiesta era arrivata dall’Ungheria in relazione alle manifestazioni antifasciste e alle accuse mosse a Salis durante la campagna elettorale; analogamente per Dobrev e Magyar, figure di rilievo dell’opposizione ungherese.
Il Parlamento europeo ha ritenuto che i dossier a carico loro avessero una forte impronta politica e il rischio concreto di strumentalizzazione giudiziaria. La tutela dell’immunità è stata quindi valutata come una garanzia essenziale per la libertà di mandato degli eletti, specialmente in contesti dove le tensioni fra poteri dello Stato e opposizioni sono molto elevate.
Il doppio binario adottato dall’Eurocamera solleva interrogativi su giustizia, imparzialità e garanzie: da un lato il rigore nell’autorizzare procedimenti penali contro rappresentanti di un partito storicamente al governo in Polonia, dall’altro la prudenza nel respingere richieste giudiziarie che colpiscono oppositori in Ungheria e Italia. La giustificazione ufficiale si basa sulla solidità delle contestazioni e, in particolare, sulla valutazione degli elementi politici e del rischio di persecuzione.
In questo quadro, Daniel Obajtek e Michał Dworczyk appaiono “figli di un Dio minore”, privi dello scudo parlamentare che invece ha protetto Salis, Dobrev e Magyar. Il destino dei due polacchi sarà ora nelle mani della giustizia nazionale, mentre per gli altri tre deputati la battaglia giudiziaria rimarrà, almeno per ora, sospesa fuori dalle aule di Strasburgo.