Negli ultimi anni, la presenza dei Fratelli Musulmani in Europa è diventata oggetto di acceso dibattito, tra dossier governativi e denunce di esperti che collegano la crescita dell’islam politico sul continente a un preciso disegno di lunga durata, sostenuto economicamente e ideologicamente dal Qatar.
Le inchieste giornalistiche, i rapporti dei servizi di intelligence e le testimonianze dirette convergono su un punto: l’organizzazione nata nel 1928 da Hasan al-Banna in Egitto punta a trasformare gradualmente la società europea, sfruttando la debolezza delle istituzioni e un vasto network di finanziamenti.
I Fratelli Musulmani sono la più longeva e influente organizzazione islamista a livello mondiale. Dopo essere stati banditi e perseguitati in vari paesi mediorientali, hanno trovato nell’Europa terreno fertile per la diffusione della loro ideologia.
La loro strategia non mira a un cambiamento repentino o a uno scontro diretto, ma si basa su infiltrazione graduale, reislamizzazione delle periferie urbane e una presenza capillare nei settori sociali e culturali: moschee, centri giovanili, associazioni sportive e caritative, scuole ed enti locali.
La forza dei Fratelli Musulmani risiede nella loro capacità di adattarsi e di operare sotto traccia. Un principio cardine della loro espansione è la dissimulazione: presentarsi come parte integrante della società civile, minimizzando il proprio progetto politico, per guadagnarsi legittimità presso amministrazioni e opinione pubblica.
La penetrazione avviene attraverso la costruzione di una rete tentacolare che sfrutta le debolezze della democrazia e il multiculturalismo, spesso con l’appoggio dei governi locali ignari dell’agenda occulta.
Negli ultimi vent’anni, il Qatar è diventato il principale finanziatore dei Fratelli Musulmani in Europa. Le indagini hanno rivelato cifre impressionanti: decine di milioni di euro destinati alla costruzione di moschee, scuole coraniche e centri culturali direttamente collegati all’organizzazione islamista.
La Qatar Charity Foundation, ente no-profit ma con forti legami con la famiglia reale di Doha, agisce come vero e proprio braccio finanziario dell’operazione. Solo in Italia, si contano oltre 50 progetti sostenuti dal Qatar per un totale di circa 30 milioni di euro, distribuiti in città come Brescia, Catania, Messina, Piacenza, Ravenna e Verona.
Secondo un recente rapporto dei servizi francesi, la presenza dei Fratelli Musulmani si articola su tre pilastri fondamentali: reislamizzazione, separatismo e sovversione istituzionale.
Gli islamisti puntano a erodere le fondamenta repubblicane e i valori occidentali, non entrando in conflitto diretto ma infiltrandosi nei processi decisionali, nella scuola, nelle università, nelle associazioni civiche. In Francia, Musulmans de France (ex UOIF) è considerata la principale vetrina dei Fratelli, con una galassia di affiliati che supera di gran lunga i membri ufficiali.
Il legame tra Qatar e Fratelli Musulmani non è solo finanziario ma anche ideologico. L’emirato sostiene le organizzazioni islamiste come strumento di soft power, con la duplice funzione di espandere la propria influenza politica ed economica e di promuovere un islamismo egemone, contrapposto alle correnti rivali del Medio Oriente.
Le operazioni di finanziamento del Qatar sono state oggetto di dossier internazionali e scandali, con accuse di aver favorito la radicalizzazione religiosa attraverso la costruzione di luoghi di culto e centri islamici.
Le istituzioni europee, dopo anni di sottovalutazione e indecisione, hanno iniziato ad adottare misure più severe contro la rete di associazioni riconducibili ai Fratelli Musulmani.
In Francia, il Consiglio nazionale di sicurezza ha varato un pacchetto di interventi mirati: congelamento dei conti, liquidazione giudiziaria delle fondazioni, controllo rafforzato sulle ONG e sulle attività associative. Tuttavia, la sfida è su scala continentale e richiede collaborazione tra i vari paesi e sviluppo di strumenti legislativi ad hoc.
A complicare l'analisi, gli ostacoli rappresentati dal woke, dal politicamente corretto e dal buonismo imperante dei media mainstream e delle istituzioni europee. Questo fenomeno invece richiede consapevolezza, trasparenza e un dibattito pubblico senza tabù, per proteggere i valori e la sicurezza delle democrazie europee.