11 Oct, 2025 - 11:09

Calciopoli e Plusvalenze: il sistema FIGC che ha voluto «annientare» la Juve — un’accusa dura ma argomentata

Calciopoli e Plusvalenze: il sistema FIGC che ha voluto «annientare» la Juve — un’accusa dura ma argomentata

Chi scrive assume una tesi forte: esiste un arco di eventi — Calciopoli nel 2006 e le successive inchieste sulle plusvalenze — che, messi insieme, possono essere letti come un piano sistematico per demolire la Juventus nelle sue incarnazioni vincenti di due epoche.

Questa è un’accusa gravissima: non la lancio come fatto incontrovertibile, ma come conclusione logica costruita su sentenze, provvedimenti e trattamenti procedurali differenti.
A chi legge la scelta: giudicare se sia una cieca polemica o un’analisi dolorosamente coerente.

Primo atto: Calciopoli (2006) - estirpare una dinastia sportiva

Calciopoli non fu solo uno scandalo: fu una cesura storica. La Juventus fu retrocessa, i dirigenti principali ricevettero inibizioni pesanti e alcuni scudetti furono revocati o non assegnati.

Il risultato pratico: cancellazione amministrativa di successi sportivi conseguiti sul campo e delegittimazione pubblica della società.

Per quanti motivi la giustizia sportiva abbia agito (intercettazioni, responsabilità dirigenziali, esigenze di sanzione deterrente), il fatto politico è che quel trattamento cambiò per sempre la narrativa e la possibilità competitiva della Juve.

Chi ha vissuto quegli anni ricorda una volontà di esemplarità che, per alcuni, si trasformò in volontà di annientamento simbolico.

Secondo atto: Prisma e le plusvalenze - la demolizione economico-giudiziaria

A distanza di anni è arrivata l’inchiesta sulle plusvalenze (Prisma) che ha colpito la Juventus in profondità: deferimenti, processi, patteggiamenti o sentenze che hanno coinvolto ex dirigenti e hanno creato un vulnus reputazionale e patrimoniale.

I riflessi sono concreti: dirigenti inibiti, richieste di risarcimento, condanne o accordi penali che spostano l’asse della battaglia dal campo ai bilanci.

Per molti tifosi e osservatori la sequenza è chiara: prima si toglie la storia (scudetti), poi si mina la capacità economica e la governance.

Trattamento diverso rispetto a Inter e Napoli che alimenta i sospetti

Una delle leve argomentative più potenti per chi sostiene la tesi dell’«annientamento pilotato» è la percezione di disparità.

Durante Calciopoli, l’Inter — pur comparendo in molte intercettazioni (protagonista di esse fu il presidente Giacinto Facchetti e non un dirigente qualunque) poi emerse negli anni successivi — non solo non venne sanzionata, ma beneficiò indirettamente delle decisioni che colpirono la Juventus, ereditando uno scudetto a tavolino e aprendo un ciclo vincente sul piano sportivo e mediatico.

L’impressione fu che, mentre una società veniva smantellata, un’altra potesse capitalizzare sul vuoto lasciato, con l’appoggio o l’indifferenza del “sistema”.

A distanza di anni, nel caso plusvalenze, la scena sembra ripetersi in modo diverso ma con analoghi esiti: la Juventus subisce deferimenti, inibizioni e penalizzazioni, mentre il Napoli, pur menzionato in ricostruzioni giudiziarie relative a operazioni di mercato (come il caso Osimhen-Manolas), non ha visto la stessa severità da parte della Procura federale.

Le carte sono state esaminate, ma il procedimento non è stato riaperto.
Due epoche, due club differenti, un’unica sensazione: che la Juventus sia l’unica destinataria del pugno di ferro.

Motivazioni possibili (e non mutuamente esclusive) dietro la «strategia»

Se si accetta almeno l’ipotesi che non tutto sia casuale, ecco le spiegazioni che rendono plausibile la tesi:

  • Volontà di disarticolare un polo dominante: eliminare o indebolire la Juve avrebbe avuto l’effetto collaterale di riequilibrare (politicamente e sportivamente) il panorama.
  • Uso mirato della giustizia sportiva come arma politica: decisioni rapide e pubbliche (revoche, retrocessioni) hanno impatto mediatico enormemente maggiore rispetto a sanzioni economiche nascoste.
  • Interconnessione tra inchieste e distribuzione delle responsabilità: la sequenza penale–sportiva può essere strutturata per massimizzare il danno reputazionale e operativo di una società.
  • Percezione pubblica e guerra narrativa: togliere i titoli e mostrare dirigenti incriminati o inibiti crea una narrativa di illegittimità che sopravvive alle sentenze.

Sono spiegazioni che non dimostrano “il complotto” in senso stretto, ma descrivono come istituzioni, tempi processuali e comunicazione possano combinarsi per produrre effetti devastanti.

Da complotto a segnale d’allarme: perché la domanda resta aperta

Affermazione definitiva? No. Ma i fatti pubblici — revoche e retrocessioni nel 2006, poi anni dopo un’inchiesta sulle plusvalenze che ha colpito la Juve in modo sistemico, mentre altri club in casi analoghi hanno avuto trattamenti diversi — costruiscono un quadro che vale la pena chiamare in modo netto: molti guardano a un disegno che ha voluto ridimensionare e delegittimare la Juventus nelle sue due grandi stagioni vincenti.

Se non è stato «annientamento» pianificato, è comunque un effetto sistemico della giustizia sportiva, della comunicazione e delle strategie investigative che ha portato a un risultato molto simile.

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