Sono giornate di intese discussioni su cosa conterrà la prossima manovra finanziaria. Sostenere la natalità con nuovi incentivi pensionistici dedicati ai bambini appena nati è una delle novità sul tavolo
In questo quadro, si inserisce una nuova proposta che punterebbe all’introduzione di un contributo economico per chi apre un fondo pensione per i propri figli.
L’idea nasce da un modello già attivo in Trentino-Alto Adige, dove lo Stato riconosce un sostegno alle famiglie che avviano questo tipo di risparmio previdenziale per i bambini.
Come funzionerebbe il fondo pensione neonati? Nel testo, tutto quello che sappiamo.
L’intento della proposta è duplice: favorire un aumento delle nascite e, al contempo, stimolare nelle famiglie la consapevolezza dell’importanza di cominciare presto a risparmiare per la pensione.
Tuttavia, se la misura nazionale dovesse riprendere fedelmente il modello trentino, il sostegno pubblico sarebbe vincolato a un versamento minimo da parte dei genitori.
Questo limite rischierebbe di escludere le famiglie con meno disponibilità economica, rendendo l’iniziativa vantaggiosa principalmente per chi ha una situazione finanziaria più solida.
Al contrario, se il contributo pubblico fosse erogato senza obblighi di investimento da parte delle famiglie, allora potrebbe rappresentare un aiuto più diretto e accessibile anche per chi ha un reddito più basso.
Secondo il piano, alla nascita, all’adozione o all’affidamento del bambino lo Stato o la Regione verserebbero una somma iniziale di 300 euro.
A questa si aggiungerebbero 200 euro all’anno per i quattro anni successivi, ma con la condizione che la famiglia metta nel fondo almeno 100 euro all’anno.
Dopo cinque anni, quindi, il bambino potrebbe contare su 1.100 euro di contributi pubblici più 400 euro versati dai genitori, per un totale di 1.500 euro.
Sebbene la cifra non sembri eccessiva, per molte famiglie con difficoltà economiche mettere da parte 100 euro all’anno rappresenta comunque impegno, soprattutto considerando che già devono affrontare spese significative per la salute, l’alimentazione e i servizi per l’infanzia, spesso carenti e costosi.
Il Trentino Alto Adige ha introdotto per primo il bonus previdenza neonati, estendendola anche ai bambini fino a cinque anni, pensandola come una sorta di “dote previdenziale” da far crescere nel tempo.
Anche il Piemonte sta valutando iniziative analoghe, cercando di superare la logica dei bonus occasionali, come il contestato “Vesta”, che ha lasciato fuori molte famiglie a causa di un sistema di assegnazione poco efficace.
Il valore della proposta sta nel promuovere un risparmio strutturato e duraturo, ma non va a risolvere i problemi concreti che molte famiglie affrontano oggi.
Infatti, mentre si discute su piani a lungo termine, le famiglie con figli piccoli richiedono misure immediate per far fronte alle spese quotidiane che, giorno dopo giorno, diventano sempre meno sostenibili.
Il vero problema è che rimangono aperte le difficoltà quotidiane legate ai servizi per l’infanzia.
I fondi europei del PNRR destinati agli asili nido, che avrebbero dovuto creare oltre 260 mila nuovi posti, sono stati ridotti a circa 150 mila.
Inoltre, molti di questi fondi non sono stati ancora spesi, con ritardi nei cantieri e posti a rischio soprattutto nel Mezzogiorno, dove la copertura dei nidi è tra le più basse in Italia.
In questa situazione, molte famiglie si trovano a dover scegliere tra bisogni immediati: trovare un posto all’asilo per poter tornare a lavorare.
Questa difficoltà grava soprattutto sulle madri, costrette spesso a rinunciare alla carriera per la mancanza di servizi adeguati.
La carenza di posti nei nidi rappresenta dunque non solo un problema educativo, ma un vero e proprio ostacolo all’occupazione femminile.