12 Oct, 2025 - 11:11

Busta paga 2026: meno tasse e più netto in arrivo?

Busta paga 2026: meno tasse e più netto in arrivo?

A partire da gennaio 2026, il modo in cui si calcola la busta paga potrebbe cambiare. Queste iniziative, che saranno valutate nella prossima legge di Bilancio, hanno l’obiettivo di aumentare il reddito netto dei lavoratori, modificando il sistema attuale di calcolo del passaggio dal lordo al netto.

Oltre alla riforma dell’Irpef, che riguarda in particolare i redditi tra 28.000 e 50.000 euro, si prevedono interventi importanti anche sui rinnovi contrattuali, sugli straordinari e sui premi di produttività.

L’intento è sostenere il potere d’acquisto dei salari, favorendo un recupero dopo anni in cui gli aumenti sono stati limitati.

Vediamo subito cosa cambia effettivamente in busta paga.

Riforma Irpef: chi ci risparmia

La riforma fiscale sarà uno dei cardini della prossima legge di Bilancio. L’obiettivo è alleggerire il carico fiscale su circa 13 milioni di lavoratori e pensionati con redditi fino a 50.000 euro.

In particolare, l’aliquota Irpef sul secondo scaglione di reddito - cioè quella che oggi si applica ai guadagni tra 28.000 e 50.000 euro - passerebbe dal 35% al 33%.

Chi guadagna meno di 28.000 euro non vedrebbe cambiamenti, mentre chi si avvicina ai 50.000 euro riscontrerebbe un risparmio fiscale più significativo.

Con la riduzione dell’aliquota IRPEF dal 35% al 33% per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro, il risparmio annuo stimato sarà:

  • Reddito di 30.000 euro: risparmio di circa 40 euro all’anno;
  • Reddito di 40.000 euro: risparmio di circa 240 euro all’anno;
  • Reddito di 50.000 euro: risparmio fino a 440 euro all’anno (circa 34 euro in più al mese).

Agevolazioni fiscali per i rinnovi contrattuali e adeguamenti automatici

Un’altra misura punta a incentivare i rinnovi contrattuali, soprattutto nei settori dove le trattative si allungano, come sanità, scuola ed enti locali. Gli aumenti di stipendio derivanti dai contratti collettivi firmati tra il 2026 e il 2028 sarebbero tassati con un’aliquota agevolata del 10%, molto più bassa rispetto a quella ordinaria.

Inoltre, se un rinnovo arriva con più di 24 mesi di ritardo rispetto alla scadenza, l’aumento salariale sarà automaticamente adeguato all’inflazione, fino a un massimo del 5% all’anno. Questo serve a proteggere i lavoratori dalla perdita di potere d’acquisto causata dai ritardi nelle trattative.

Tasse ridotte su straordinari, lavoro notturno e premi di produttività

Tra le altre novità c’è una tassazione più leggera per gli straordinari e le maggiorazioni per lavoro notturno, festivo e a turni nel settore privato. Questi compensi potrebbero essere tassati al 10%, fino a un limite di 4.000 euro all’anno, mentre i contributi previdenziali resterebbero invariati.

Anche i premi di produttività potrebbero godere di un limite più alto per l’agevolazione fiscale, che passerebbe da 3.000 a 4.000 euro annui, sempre con aliquota al 10%. Inoltre, questo beneficio verrebbe esteso anche a chi ha un reddito tra 80.000 e 100.000 euro, finora escluso.

Per quanto riguarda i fringe benefit, l’esenzione fiscale potrebbe salire fino a 4.000 euro all’anno per chi ha figli a carico, e fino a 2.000 euro per gli altri dipendenti.

Se i benefit fossero inseriti in piani di welfare aziendale condivisi con i sindacati, la soglia potrebbe raddoppiare per i due anni successivi.

Sintesi

Se il governo accetterà le proposte avanzate dal Ministero del Lavoro, a partire dal 2026 potremmo assistere a un cambiamento profondo nel modo in cui viene calcolata la busta paga dei lavoratori italiani.

La riforma dell’Irpef, con la riduzione delle aliquote per i redditi medi, rappresenta solo uno dei pilastri dell’intervento. A questa si aggiungono una serie di agevolazioni fiscali mirate, pensate per incentivare i rinnovi contrattuali, ridurre la tassazione su straordinari, lavoro notturno, premi di produttività e aumentare il potere d’acquisto reale.

L’obiettivo dichiarato è quello di mettere più soldi in tasca ai lavoratori, sostenendo i redditi in un contesto economico ancora incerto e con un'inflazione che ha eroso negli ultimi anni gran parte degli aumenti salariali.

LEGGI ANCHE