13 Oct, 2025 - 09:31

Settimana lavorativa corta in Italia: a che punto siamo?

Settimana lavorativa corta in Italia: a che punto siamo?

In Europa, l’idea di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni sta guadagnando sempre più attenzione. Alcuni Paesi hanno già tracciato la rotta, trasformando un progetto pilota in un nuovo standard. 

E in Italia? Le sperimentazioni non mancano, ma si muovono ancora a piccoli passi e in ordine sparso.

Tra iniziative aziendali, aperture nella pubblica amministrazione e una proposta di legge ferma in Commissione, la rivoluzione del lavoro a settimana corta è tutt’altro che dietro l’angolo.

Ecco cosa sappiamo a oggi.

Italia, un Paese che lavora (ancora) tanto

Il punto di partenza è chiaro: in Italia si lavora molto. Secondo le ultime rilevazioni, si pensi che i lavoratori autonomi superano le 47 ore settimanali, mentre i dipendenti viaggiano intorno alle 36,6. Ovviamente, si tratta di numeri che includono anche straordinari e fine settimana, in un contesto segnato da stipendi tra i più bassi d’Europa. 

La conseguenza? Ridurre l’orario di lavoro senza toccare la retribuzione non è solo una questione di produttività, ma anche - e soprattutto - di sostenibilità economica per imprese e lavoratori.

La PA sperimenta la settimana corta?

Il cambiamento tocca anche la macchina pubblica. Con il rinnovo contrattuale delle Funzioni centrali, è partita nel 2025 una sperimentazione volontaria che prevede la concentrazione delle 36 ore settimanali in quattro giornate da nove ore, escluse le pause.

Non si tratta di una riduzione dell’orario, ma di una diversa distribuzione del tempo. Ferie e permessi vengono ricalcolati in base alla nuova organizzazione.

L’obiettivo è testare sul campo la fattibilità del modello anche nel settore pubblico, pur con tutte le difficoltà del caso.

Spagna avanti tutta: meno ore, stesso stipendio

Mentre in Italia il dibattito resta aperto, altri Paesi europei procedono spediti. La Spagna, ad esempio, ha approvato una legge che riduce ufficialmente la settimana lavorativa da 40 a 37,5 ore senza intaccare i salari.

Una riforma strutturale che rappresenta un punto di riferimento per chi, anche in Italia, spinge per un cambio di paradigma.

Una proposta di legge in stand-by

Anche nel nostro Paese è stata depositata una proposta di legge per regolamentare la settimana corta, con applicazione potenziale sia nel pubblico che nel privato. 

Tuttavia, la proposta è attualmente bloccata, con forti dubbi sull’impatto finanziario della misura. Secondo le stime preliminari, il solo settore privato potrebbe comportare un costo per le casse pubbliche di oltre otto miliardi di euro, sulla base dei dati raccolti da INPS e Ministero del Lavoro.

Un cambiamento culturale prima che normativo

La settimana lavorativa corta, in Italia, è ancora lontana dall’essere una realtà diffusa. Al momento si tratta soprattutto di esperimenti promossi da aziende lungimiranti o da settori in grado di gestire con flessibilità la produttività. La strada verso una regolamentazione condivisa e sistemica è ancora lunga e irta di ostacoli.

Quello che appare chiaro, però, è che il dibattito è ormai aperto e destinato a crescere. Più che una semplice questione di orari, si tratta di ripensare il rapporto tra lavoro e qualità della vita, tra produttività e benessere. Un cambio di passo che, prima ancora di arrivare in Parlamento, dovrà maturare nella cultura del lavoro italiana.

Settimana corta in Italia: a che punto siamo

  • L’Italia sperimenta, ma senza una regia nazionale: a differenza di Paesi dove la settimana lavorativa di quattro giorni è già realtà o sostenuta da una legge, in Italia il cambiamento avanza a piccoli passi. Alcune aziende private e la Pubblica Amministrazione hanno avviato sperimentazioni volontarie, ma manca ancora un quadro normativo strutturato;
  • Una proposta di legge ferma in Parlamento: la proposta di legge sulla settimana corta è bloccata in Commissione Lavoro alla Camera. I dubbi principali riguardano l’impatto sui conti pubblici: secondo le stime, estendere il modello al settore privato potrebbe costare oltre 8 miliardi di euro;
  • Una trasformazione culturale prima che legislativa: più che una riforma immediata, la settimana corta in Italia richiede un cambiamento culturale profondo. In un Paese dove si lavora molto e si guadagna poco, ripensare l’organizzazione del lavoro significa affrontare il nodo del benessere, della produttività e della sostenibilità economica.
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