Chissà se al Nazareno oggi festeggeranno con una bella torta in faccia. Meglio quella dei pomodori, d'altronde.
Il Partito Democratico compie 18 anni, diventa maggiorenne, ma rimane una creatura fondamentalmente senza identità. E già, perché nessun politologo ha ancora capito cosa voglia fare da grande: vuole essere un moderno partito riformista di stampo socialdemocratico o la succursale della Flotilla sulla terraferma?
Diciamolo subito: con Elly Schlein, il pendolo pende per la seconda ipotesi.
Ma se doveva essere questo il Pd, che senso ha avuto unire i Ds ex Pci e la Margherita ex Dc? Che senso ha avuto l'ambizione di unire i riformisti progressisti?
Qualcuno aveva avvisato che si trattava di una "fusione a freddo". Tant'è che la risposta oggi è questa: il Pd, questo Pd, non ha alcun senso.
Tanti auguri a te, Partito Democratico, che in 18 anni le hai provate tutte per darti un tono e un ruolo ben definito in commedia. Ma non ce l'hai fatta.
Il Pd se è stato una cosa in questi 18 anni è stato il partito istituzionale per eccellenza, sic et simpliciter. Quello che, nel nome della responsabilità politica, ha evitato che si chiudessero in anticipo legislazioni e che una miriade di governi cadesse anzitempo.
A Palazzo Chigi è stato un po' con tutti. Non c'è stato governo tecnico o grossa coalizione che non l'abbia visto protagonista.
Ma ora, come l'ha ridotto Elly Schlein, se possibile, è ancora peggio: nel tentativo di ricostruirsi una verginità, è diventato il porto sicuro di flotilleros di ogni specie, gente che dieci, quindici, diciotto anni fa, nella sinistra italiana, contava il giusto residuale, ora si ritrova a fare il suo portavoce.
E insomma: se prima gli ex comunisti e gli ex democristi giuravano a se stessi di non voler morire democristiani, ora (clamorosamente) sono morti (o stanno morendo) rifondaroli.
E comunque: la navigazione, dal Lingotto, dove nacque 18 anni fa, alla Flotilla è stata lunga e piena di naufragi.
Di segretari ne ha avuti a bizzeffe, 10 in 18 anni: Walter Veltroni, Dario Franceschini, Pier Luigi Bersani, Guglielmo Epifani, Matteo Renzi, Matteo Orfini, Matteo Renzi (ancora), Maurizio Martina, Nicola Zingaretti, Enrico Letta ed Elly Schlein.
Sali e scendi continui. E un magic moment: elezioni europee 2014, Pd al 41%: qualcuno lo voleva battezzare già "partito-nazione".
E invece: da allora una inesorabile marcia indietro.
Cinque scissioni (da cui sono nate "Alleanza per l'Italia" di Rutelli nel 2009; "Possibile" di Pippo Civati nel 2015; "Articolo Uno" di Bersani e Speranza nel 2017; "Italia Viva" di Renzi nel 2019; "Azione" di Carlo Calenda e Matteo Richetti nel 2019), una miriade di lotte fratricide, innumerevoli correnti armate l'una contro l'altra, 101 franchi tiratori.
E caminetti, e riunioni, e assemblee, e primarie (anche nella versione "con cinesi"), e boom di iscrizioni (con tessere anche a killer di camorra). Padri nobili, grandi vecchi, giovani dem, occupy Pd, Feste Democratiche poi di nuovo Feste dell'Unità, padri pentiti ("Mi vergogno del mio partito, si parla solo di poltrone", disse Zingaretti sbattendo la porta), abbagli ("Giuseppe Conte è un fortissimo punto di riferimento di tutte le forze progressiste", ancora Zingaretti dixit), tweet che hanno segnato il costume oltre che la politica ("Enrico stai sereno").
E insomma, il Pd è stato il partito di questo "ma anche" (formula cult) di quello, per salvare capre e cavoli. Compresi i De Luca della situazione che, pur avendo la sua tessera, l'ha preso letteralmente a cattive parole: il Governatore della Campania ha scritto un libro "Nonostante il Pd" e non ebbe problemi a dichiarare che "nel Pd si fa carriera solo se si è imbecilli".
E insomma: prima di salire sulla Flotilla e navigare dove Elly Schlein lo sta dirigendo, il Pd è stato uno, nessuno e centomila.
Dalla vocazione maggioritaria al Campo largo, ora naviga nelle acque stagnanti del 20-21-22 per cento che gli danno i sondaggi.
Ha 18 anni ma sembra già invecchiato male.