Dopo la prima giornata, dedicata alla ricerca e alla terza missione — di cui si può leggere il resoconto completo qui — il convegno promosso dal Centro di Ateneo Migrare dell’Università di Palermo ha proseguito i lavori con una riflessione sulla didattica.
Al centro della giornata, il tema di come insegnare e apprendere in contesti multiculturali, di quali metodi e contenuti possano favorire inclusione e dialogo, e del rapporto tra università e scuola come fondamento di una cittadinanza consapevole e plurale.
La seconda giornata del convegno si è aperta con la keynote lecture di Cristiana Franco (Università per Stranieri di Siena), dedicata al tema “Lingue e culture classiche per l’accoglienza e il dialogo interculturale”. Franco ha proposto una riflessione sul valore formativo e inclusivo delle lingue classiche, mostrando come latino e greco possano diventare strumenti di mediazione linguistica e culturale. Ha invitato a ripensare queste discipline non come baluardi identitari, ma come lingue di relazione, capaci di costruire ponti tra tradizioni diverse e di educare all’ascolto e al confronto.
A seguire, Cristina Burneo Salazar, scrittrice e docente ecuadoregna, ha intrecciato il tema delle migrazioni con quello della letteratura e dell’educazione universitaria, mostrando come le esperienze di spostamento e di incontro possano nutrire una didattica specifica per studenti stranieri, capace di generare un ritorno positivo su tutto il sistema formativo.
Sylvie Saroléa (Université catholique de Louvain) ha invece riflettuto sull’insegnamento del diritto della migrazione in un mondo che cambia, segnato dalla crisi di fiducia nel diritto internazionale, dall’ascesa delle ideologie di estrema destra e dalla crescente frammentazione sociale.Si è interrogata su come insegnare oggi il diritto della migrazione, proponendo una didattica che sappia orientare gli studenti in un contesto in cui norme e valori appaiono sempre più instabili.
Nel suo intervento, Samuel Tokre (Università di Palermo) ha portato una testimonianza personale sul tema dell’inclusione e della partecipazione degli studenti internazionali, richiamando la direttiva europea 801/2016. Ha raccontato le discriminazioni vissute in prima persona — legate al genere, al colore della pelle e al paese di origine — e ha sottolineato come il riconoscimento formale dei diritti resti insufficiente se non accompagnato da un reale cambiamento culturale e istituzionale.
In continuità con le osservazioni critiche di Luigi Previti del giorno precedente, Tokre ha mostrato come le barriere burocratiche e simboliche si intreccino, rendendo ancora difficile un’inclusione universitaria pienamente paritaria.
Il pomeriggio si è aperto con la relazione di Gloria Calì, direttrice della rivista Insegnare del CIDI, dedicata al tema “Scuola, cittadinanza e Costituzione”, con riferimento agli articoli 2, 33 e 34 della Carta. Calì ha posto al centro della sua riflessione la scuola come luogo di formazione civica e democratica, capace di rendere effettivi i diritti e i doveri di cittadinanza, in particolare per le persone con storia migratoria.
Ha richiamato l’attenzione sulla necessità di una scuola pubblica realmente inclusiva, in grado di contrastare la dispersione scolastica, che colpisce con maggiore intensità gli studenti provenienti da contesti migratori, e di riconoscere la pluralità dei percorsi e delle biografie come risorsa della comunità educativa.
Nel seguito della sessione, Fabio Pipitò (CPIA Palermo 2) ha portato la sua esperienza diretta nei centri per l’istruzione degli adulti in Sicilia, evidenziando le difficoltà strutturali, ma anche le buone pratiche che permettono di trasformare i percorsi di alfabetizzazione e formazione di base in strumenti di inclusione reale. Ha ricordato come, in molti territori, la scuola rappresenti l’unico presidio istituzionale stabile, capace di restituire dignità e opportunità a chi arriva da lontano.
Alberto Favata (ICS Perez – Madre Teresa di Calcutta, Palermo) ha invece riflettuto sulle difficoltà quotidiane dell’integrazione scolastica, segnalando il rischio che molti studenti con background migratorio rimangano chiusi in gruppi separati o si affidino a figure esterne, come i maestri coranici, in mancanza di un reale dialogo interculturale all’interno delle classi.
Ha richiamato l’importanza di formare docenti capaci di leggere le differenze culturali come risorsa, evitando che la scuola diventi un luogo di nuove marginalità.
Nel corso della tavola rotonda conclusiva, è intervenuta anche Luciana Castellina, giornalista, scrittrice e figura storica della sinistra italiana e del Parlamento europeo.
Castellina ha ricordato che l’aspetto più importante, attraverso le diverse forme che ciascuna università può trovare, è restituire soggettività alle persone, in particolare a chi vive condizioni di marginalità o di svantaggio.
Riprendendo le parole di Papa Francesco, ha sottolineato che non serve una politica “per” i poveri, ma una politica “dei” poveri: un cambiamento di prospettiva che implica non insegnare dall’Occidente, ma lasciare che siano i soggetti esclusi a produrre pensiero, orientamento e azione.
Il suo intervento ha offerto una riflessione di forte valore etico e politico sul compito dell’università come luogo in cui la conoscenza deve dare voce e potere a chi non li ha, trasformando l’accoglienza in partecipazione e autonomia.
A conclusione della giornata, Aldo Schiavello, direttore del Centro di Ateneo Migrare, ha sottolineato come la connessione tra università, ricerca e terza missione sia, in questo ambito, inscindibile: si tratta di dimensioni che procedono di pari passo, alimentandosi reciprocamente. Ha evidenziato inoltre il legame tra università e scuola, due spazi che condividono la stessa responsabilità educativa e civile, e ha ricordato come il tema delle migrazioni rappresenti oggi un terreno privilegiato per le cliniche legali, dove la formazione giuridica incontra la realtà sociale e si traduce in pratica di tutela e giustizia.
Francesco Cirillo