Come la maggior parte delle grandi scoperte/invenzioni, anche le
patatine fritte nacquero casualmente, secondo una delle leggende più accreditate, a seguito di un errore di cottura da parte di un cuoco francese. Nacquero così, sul finire del 1789 le French Fries prima innovazione (casuale) di una Francia che salutava a colpi di Ghigliottina il suo Ancien Régime. Dopo poco più di duecento anni le
patatine fritte di strada sicuramente ne hanno fatta; invadendo letteralmente le tavole dei paesi più industrializzati e casualmente più grassi ed otturando le arterie dei loro felici consumatori. Ma cosa spinge, è il caso di dirlo, uomini, donne e bambini al consumo quasi incontrollato di questo alimento? La risposta sembrerebbe arrivare da uno studio dell
’University of California , a Irvine, e diretto dall’italiano Daniele Pomelli. Sotto accusa c’è una sostanza chimica naturale simile alla
marijuana, che rende difficile resistere alle
patatine fritte o ad altre grasse golosità. Quando le prime patatine arrivano nello stomaco, infatti, i grassi lo portano a produrre
Endocannabinoidi, sostanze che accendono il segnale di fame e ci inducono alle scorpacciate. Un effetto che, spiegano i ricercatori nel lavoro pubblicato online su ‘
Pnas’, vale per tutti i cibi grassi. Le
patatine fritte, oppure un saporito panino con il salame o un qualunque cibo grasso una volt a arrivato nello stomaco genera un segnale che va a stimolare la produzione di
Endocannabinoidi che accendono il desiderio di quel particolare cibo. Probabilmente, spiega il Dott. Piomelli, attivano il rilascio di sostanze chimiche legate alla fame, che ci portano a mangiare di più. Secondo il team di ricerca potrebbe essere possibile in futuro bloccare questo effetto, ostacolando l’attività degli
Endocannabinoidi e in questo modo i tanto gustosi, ma deleteri, cibi grassi saranno più gestibili e si potrà finalmente ridurre il loro compulsivo consumo. Nell’attesa continueremo a mangiarli consapevoli del fatto che anche scientificamente rappresentano una sorta di droga, il cui consumo è assolutamente trasversale nella popolazione e dalla quale è indubbiamente difficile disintossicarsi.