Il turismo esperienziale sta conquistando la generazione under 35 perché mette al centro le persone, non gli itinerari preconfezionati. I giovani viaggiatori vogliono sentirsi parte del luogo, stringere relazioni, imparare qualcosa di nuovo e raccontare una storia autentica al ritorno. Non basta più “vedere” una destinazione: si desidera vivere il territorio con attività che attivano i sensi, creano ricordi intensi e generano contenuti condivisibili. Questo modello valorizza la sostenibilità, l’autenticità e la connessione con la comunità locale, con un’attenzione concreta alla qualità del tempo e alla crescita personale.
La nuova ondata di viaggiatori rifiuta i tour mordi e fuggi. Preferisce poche tappe ma significative, con esperienze guidate da chi il territorio lo abita davvero. Tra i driver più forti emergono la personalizzazione, la formazione sul campo e la socialità.
L’idea di “vacanza” si reinterpreta come percorso di scoperta: laboratori artigianali, trekking interpretativi, lezioni di cucina con famiglie del posto, volontariato ambientale, tour musicali nei quartieri creativi. Il valore percepito non è solo nel servizio acquistato ma nello scambio umano e nel senso di appartenenza.
A pesare nella scelta c’è anche l’impatto: molti giovani cercano realtà che rispettino le comunità, evitino l’overtourism e promuovano microeconomie locali. In questo scenario, l’abilità di documentare il viaggio con narrazioni sincere - podcast, diari, video non patinati - diventa parte dell’esperienza stessa, rafforzando la community e il passaparola.
Prima di prenotare, i giovani confrontano piattaforme, gruppi locali e consigli di creator affidabili.
Ecco alcune tipologie che riscuotono successo, con un breve riferimento per orientarsi tra le opzioni più gettonate:
Queste formule funzionano perché combinano contenuto, relazione e memoria: tre elementi chiave che rendono il viaggio memorabile e condivisibile, senza sacrificare etica e qualità.
La tecnologia è il moltiplicatore dell’esperienza: consente di scoprire eventi dell’ultimo minuto, verificare la reputazione delle guide, pagare in sicurezza e ottenere supporto geolocalizzato. Le app di community permettono di unirsi a micro-gruppi con interessi comuni e di mantenere un contatto diretto con i residenti, riducendo il gap tra turista e territorio.
In questo contesto si inseriscono servizi che combinano ispirazione, utilità e assistenza: ad esempio le esperienze da regalare su Lumos sono davvero tante, così come quelle da poter ricercare in base alle vostre esigenze. Per chi viaggia, è davvero una grande opportunità perché basta un click per conoscere i locali più belli, i film, gli spettacoli, i luoghi di cultura o divertimento ma anche i professionisti della zona in caso di necessità, urgenze o imprevisti. Insomma, come essere nella propria città anche se altrove. Questo approccio rende più fluido l’intero percorso di viaggio, dall’idea alla prenotazione fino al rientro, migliorando anche la sicurezza percepita grazie a recensioni verificate, contatti immediati e informazioni affidabili.
Adottare una mentalità esperienziale significa progettare il viaggio partendo da ciò che si vuole imparare. Un buon metodo è definire un tema: cucina regionale, natura e rigenerazione, musica e sottoculture, artigianato digitale. Il passo successivo è cercare mediatori di fiducia: guide locali con profili trasparenti, associazioni territoriali, spazi culturali indipendenti. Pianificare meno tappe e lasciare margini di serendipità consente di cogliere opportunità spontanee, come un concerto improvvisato o un laboratorio aperto. Utile anche impostare un budget dedicato all’economia locale - un corso, una cena in trattoria a conduzione familiare, un ingresso a un museo di quartiere - perché ogni scelta economica diventa parte dell’esperienza. Infine, allineare le aspettative: il turismo esperienziale non promette comfort standardizzati, ma relazioni vere e apprendimento. Si torna a casa con competenze, contatti e una memoria emotiva difficile da replicare con un viaggio tradizionale. Per molti giovani, questa è la differenza che conta: sentirsi protagonisti del percorso, non semplici spettatori, e contribuire allo sviluppo equilibrato dei luoghi visitati. Così il viaggio diventa un patto di fiducia con il territorio, capace di generare valore per chi parte e per chi accoglie.
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