Secondo il Ministero la risposta corretta sarebbe stata "la libertà di insegnamento", affermazione che ha suscitato pesanti polemiche sulla sua correttezza. Secondo i candidati, invece, l’articolo 34 riguarda l’obbligatorietà della scuola e la sua gratuità, nonché la valorizzazione dei capaci e meritevoli. Sarebbe invece l’articolo 33 a descrivere la libertà dell’insegnamento. Quindi, secondo i docenti, nelle opzioni di risposta elencate non sarebbe presente alcuna risposta corretta.Ma questo sarebbe solo la punta dell’iceberg. Certo è che la prova è finita nella bufera dei social e nelle beghe politiche. Ora la parola passa al Tar del Lazio. Chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato dall’associazione dei consumatori in favore dei docenti che non hanno superato la prova scritta.Da questa storia emergono due singolari paradossi. Il primo è che i docenti, ai quali si chiede di valutare i propri studenti in base alle competenze, sono invece scremati in base alle conoscenze. Come imbuti ops, vasi da riempire. Il secondo paradosso è che molti bocciati ritornano comunque in cattedra, seppur come supplenti, a svolgere con professionalità e passione il proprio lavoro e a sorreggere le barcollanti colonne della scuola pubblica italiana.Leggi anche: Scuola, ripartono le gite
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