In vista del referendum sulla giustizia, e sulla tornata delle amministrative del prossimo 12 giugno, il ministero dell'Interno ha diramato una nota riguardante le mascherine, scatenando le polemiche:
"Meglio tardi che mai. Oggi la Lega ha presentato ricorso al Tar del Lazio per evitare obbligo di mascherine per votare ai Referendum sulla giustizia del 12 giugno, ennesima presa in giro anti-scientifica e anti-democratica", scrive su Twitter Matteo Salvini. Già nella giornata di oggi era stato il Senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri a puntare l'attenzione su un possibile obbligo di mascherine al seggio:
E, in un certo senso, lo Stato ha risposto a Gasparri.
La circolare numero 66 del Dipartimento per gli Affari interni e territoriali del Viminale, diramata dal capo del dipartimento per gli Affari interni e territoriali del ministero dell’Interno, Claudio Sgaraglia, evidenzia come la mascherina per il voto sia (fortemente) consigliata e non obbligatoria. Lo stesso Maurizio Gasparri via social plaude a questa scelta dell'esecutivo, definendola "di buon senso".
Il Tar del Lazio, con la sentenza n. 7451 depositata oggi ha, respinto il ricorso proposto dal Codacons e ha stabilito che l’utilizzo delle mascherine, tra gli altri, continua a essere obbligatorio, per gli studenti, fino al 31 agosto 2022. Riguardo all’obbligo di indossare la mascherina da parte "degli studenti in sede di esami di terza media e di maturità per il corrente anno scolastico 2022, che, allo stato, appare la questione di maggiore attualità, atteso l’approssimarsi a giorni della conclusione dello svolgimento delle lezioni didattiche in presenza", i giudici amministrativi individuano quale termine finale dell’obbligo in questione, come in precedenza rilevato, la conclusione dell’anno scolastico 2021/2022. Per poter permettere agli studenti di sostenere gli esami senza l’obbligo di utilizzo delle mascherine, si legge ancora nella sentenza, "sarebbe necessario un apposito decreto-legge, attesa l’inidoneità di un’ordinanza ministeriale di salute pubblica a disporre in senso difforme a quanto previsto in apposita disposizione di rango legislativo, in mancanza di una norma che lo consenta espressamente; allo stato, tale norma pare mancare", concludono i giudici.