Allarme Svimez: il divario fra Nord e Sud si riapre. La causa è il mix perfetto della guerra, il Covid e l’inflazione. I dati dell'associazione prevedono una ripresa del Pil nel 2023 nel Nord e Centro Italia (+0,8%), e una recessione nel Sud (-0,4%). Nel 2024, il ritmo di crescita dovrebbe accelerare a livello Paese (+1,5%), per effetto di una ripartenza più sostenuta nel Centro-Nord (+1,7%). Il differenziale di crescita sfavorevole al Sud sarebbe di 0,8 punti percentuali.
A causa dei rincari dei beni energetici e alimentari l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta potrebbe crescere di circa un punto percentuale salendo all’8,6%, con forti eterogeneità territoriali: + 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno, contro lo 0,3 del Nord e lo 0,4 del Centro. In valori assoluti si stimano 760 mila nuovi poveri causati dallo shock inflazionistico (287 mila nuclei familiari), di cui mezzo milione al Sud.
Secondo i dati dell'associazione, il Reddito di cittadinanza ha avuto un ruolo attivo nel contenere le povertà, ma ha confermato la scarsa capacità di inserimento nel mondo del lavoro. Senza questi interventi le famiglie povere sarebbero state quasi 2,5 milioni, quasi 450 mila in più rispetto al valore registrato nel 2020 (poco più di 2 milioni), cui corrispondono oltre un milione di persone in meno in condizione di povertà assoluta, di cui due terzi circa nel Sud.
Aumenta sempre di più il numero deiworking poors, ovvero quei lavoratori che pur avendo una fonte di reddito sono a rischio povertà. Per esempio nel Mezzogiorno c’è un larghissimo uso del part-time involontario (77,5% rispetto al 54,7% del Centro-Nord). Le famiglie con un occupato in povertà in Italia sono 877 mila di cui circa 280 mila nel Sud. Nel caso degli operai la quota di famiglie in povertà sale al 13,6% al Sud (era il 12,7 nel 2020) e al 13,8% nel Nord.
In Italia la percentuale dei bambini di età compresa fra i 3 e i 5 anni che frequenta una struttura educativa (93,2%) è più alta della media europea (89,6%). Ma gli stessi servizi non sono offerti su tutto il territorio nazionale. Nel Mezzogiorno, per esempio, è molto meno diffuso l’orario prolungato (offerto solo al 4,8% dei bambini); viceversa è più diffuso l’orario ridotto (20,1%) rispetto al Centro-Nord: 17,0% e 3,6% rispettivamente per orario prolungato e ridotto. Nel Mezzogiorno circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa.
Il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno è molto lontano dalla media europea. In Italia il gap con l’Europa, di circa 10 punti all’inizio del secolo, è ulteriormente aumentato, avvicinandosi ai 15 punti nel 2022. Ma nel Mezzogiorno la differenza è di 30 punti percentuale. Portando il confronto all’interno del Paese, è netto il divario tra i tassi d’occupazione femminile del Mezzogiorno e del Centro-Nord, che in termini di numero di occupati si quantifica in 1,6 milioni.