Le nuove etichette con avvertenze sulle bottiglie di vino lanciano allarmi interni. Dopo il via libera dell'Unione europea alle etichette allarmistiche sul vino arriva la replica da parte della Coldiretti, che vede nella nuova misura una presa di posizione nei confronti della Penisola e dei fattori produttivi legati alle aziende del vino in Italia. Il nostro Paese, come specificato, al momento si presenta come il primo produttore, nonché esportatore a livello globale, di vino e di prodotti affiliati al vino. Si parla, inoltre, di 14 miliardi di fatturato che, alla luce delle nuove norme introdotte dall'Europa, rischiano di essere messe in pericolo tra vino invecchiato e nuove bottiglie.
Tutto ha preso il via dopo la polemica nata dal via libera dell'Unione europea all'Irlanda che, dopo l'ultima richiesta, potrà adottare una particolare etichetta per vino, birra e liquori con una serie di avvertenze legate al fenomeno terroristico. Tra le principali scritte che hanno passato il vaglio dell'Unione europea si registrano "il consumo di alcol provoca malattie del fegato" e "alcol e tumori mortali sono direttamente collegati". Tutto considerato e analizzato nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati Ue, che considerano la misura una barriera al mercato interno e un limite all'esportazione.
Sul tema legato al vino e alle avvertenze sulle etichette la Coldiretti annuncia l'inizio di un percorso rischioso, identificando questa decisione da parte dell'Unione europea come un precedente che potrebbe portare all'apertura di una normativa comunitaria che metterebbe a rischio una filiera che in Italia dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale vice dell’export agroalimentare. In base alla Coldiretti i rischi sono quelli legati a un sistema "improprio e deficitario" sotto alcuni punti di vista:
Le parole sono del presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Lo stesso il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate.