Rinviato a marzo il dossier sul futuro di Tim, la principale azienda italiana di telecomunicazioni: la riunione odierna del consiglio di amministrazione, infatti, ha definito apprezzata ma migliorabile l’offerta presentata dal fondo d’investimento americano Kkr, primo passo delle trattative sulla rete unica.
Come si legge qualche riga sotto al comunicato, "con l'obiettivo di ricevere un'offerta migliorativa entro il termine del 31 marzo 2023".
Vediamo ora come si delinea il futuro della TelCo, che rappresenta un altro asset statale che sarà ridiscusso insieme ad altri colossi come Ita Airways ed ex Ilva.
L’obiettivo globale sul futuro di Tim, per il governo, è la costruzione di una rete unica. Lo scorso martedì, il fondo Kkr invia una lettera all’azienda italiana dove conferma le condizioni presentate durante la proposta in data 1 febbraio, e comunicando la proroga della scadenza al 24 marzo (rispetto al 24 febbraio).
A determinare tale posticipo è il Governo stesso, il quale chiede un ulteriore mese per approfondire le analisi rispetto agli aspetti pubblicistici dell’operazione e ai poteri esercitabili nel settore. Tradotto, significa che Palazzo Chigi non esclude (anzi, rilancia) l’ipotesi di un’offerta congiunta insieme a Kkr.
Sull’altro versante si colloca OpenFiber, la fibra ottica alternativa a quella di Tim. Al suo timone ci sono due soggetti: il fondo d’investimenti australiano Macquarie e la controllata Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Il problema sorge nel momento in cui Cdp è anche azionista di minoranza di Tim, e dunque il suo ruolo nella partita si scontrerebbe con i principi dell’Antitrust.
La seconda novità che emerge da questa apertura del Governo è che, per motivi di Antitrust europeo, probabilmente non sarà la Cassa depositi e prestiti (Cdp) ad affiancare KKR nell’offerta per la rete Telecom ma un altro veicolo pubblico ancora da definire.
Da un punto di vista prettamente economico, che poi è il tema cruciale, fonti interne stimano intorno ai 20 miliardi di euro l’offerta di Kkr. Una cifra considerevole ma lontana dalla richieste dell’azionista di maggioranza di Tim, ossia la francese Vivendi, che prenderebbe in considerazione la trattativa su una base di 30 miliardi di euro.
Il fondo Kkr, inoltre è già azionista di maggioranza di FiberCop, controllata di Tim sulle infrastrutture di rete. Il colosso a stelle e strisce di private equity ha confermato la propria disponibilità "a continuare un dialogo costruttivo".
Sempre rimanendo fedeli alle cifre che sono trapelate, l’offerta di Kkr è alquanto superiore a quella presentata dal binomio Cdp-Macquarie, che arriva a 18 miliardi bonus inclusi. Tuttavia, al suo interno ci sarebbe anche la cessione di alcuni set in conflitto rispetto alle normative fissate dell’Antitrust europeo. La strada per far confluire tutti i soggetti coinvolti in un unico agglomerato c’è ma è abbastanza impervia.
Ecco dunque che Palazzo Chigi si è presa del tempo extra, per valutare proprio questa ipotesi: la soluzione più percorribile consisterebbe nel suddividere le aree di intervento degli acquirenti: a Kkr sarebbero destinate le aree nere (i territori c’è abbondanza di banda larga), al binomio Cdp-Macquarie le aree bianche e le aree grigie (i territori con poca offerta di fibra ottica.
Da valutare nei prossimi giorni le quotazioni in Borsa di Tim, con un clima di pessimismo a Piazza Affari.