È rimasta coinvolta a sua completa insaputa in un matrimonio truffa in Senegal, e per sciogliere il vincolo è dovuto intervenire il Tribunale di Pavia, per "incapacità naturale al momento della celebrazione". Protagonista una 65enne pavese, divenuta moglie suo malgrado di un 42enne.
I fatti risalgono a tre anni fa: la donna ha compreso di aver partecipato alle proprie nozze soltanto dopo il suo rientro in Italia. Prima della scoperta, infatti, era semplicemente convinta di aver partecipato a una festa celebrata all’interno di una moschea, "senza valore legale".
Tre anni dopo l’accaduto, i giudici hanno accolto la richiesta di cancellare le nozze: il processo ha fatto leva sulle condizioni psicofisiche della donna. Secondo i giudici, infatti, quando la 65enne ha contratto il matrimonio non era in sé e non poteva rendersi conto di quello che stava facendo.
La vittima del raggiro soffre da tempo di un disturbo di personalità che, secondo il consulente nominato dal giudice, sarebbe stato aggravato a causa dello stress della sua permanenza forzata in Senegal durante le restrizioni legate alla pandemia da Covid-19.
Al vaglio dei giudici c’erano le due posizioni delle due parti in causa: da un lato la donna, che ha spiegato di aver sì accettato la proposta di sposarsi, ma di averlo fatto solo dietro la convinzione che si trattasse di una cerimonia priva di valore legale. Dall’altro lato lo sposo ha sostenuto, al contrario, che la sua consorte fosse consenziente e consapevole dell’imminente matrimonio e soprattutto della sua validità in ogni sede.
Alla fine i giudici hanno creduto alla donna: tra musica, balli e vestiti tipici senegalesi, la vittima era realmente convinta che in quella moschea si stesse tenendo una semplice celebrazione folkloristica, senza alcun valore legale.
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