Undici arresti ai danni di boss, gregari ed estorsori nell'orbita del clan di Tommaso Natale, attivo nel territorio di Palermo. Il blitz dei carabinieri è avvenuto alle prime luci dell'alba di oggi, mercoledì 12 luglio.
Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione con l'aggravante del metodo mafioso e tentato omicidio aggravato. A coordinare l'inchiesta il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e l'aggiunto Marzia Sabella.
L'operato degli investigatori ha permesso di fare luce sull'organigramma del mandamento mafioso di Tommaso Natale, approfondendo le dinamiche e gli affari del sodalizio.
Le indagini hanno ricavato le prove di svariate estorsioni, perpetrate allo scopo di foraggiare le casse dell'associazione mafiosa. I metodi erano i soliti: dai servizi di vigilanza alle forniture di pesce e frutti di mare a diversi ristoratori di Mondello e della borgata di Sferracavallo.
Nel mirino degli inquirenti è finito anche un tentato omicidio, commesso da uno degli affiliati nei confronti del proprio fratello. Per appianare i dissidi familiari interni al mandamento si era rivelato necessario l'intervento di figure di spicco del panorama mafioso palermitano.
Degli undici arrestati, otto si trovano in carcere mentre gli altri tre sono ai domiciliari con il braccialetto elettronico.
Tra gli indagati spicca il nome di Michele Micalizzi, già al vertice del clan, tornato operativo dopo aver scontato una condanna a vent'anni di reclusione. Era operativo alla guida della cosca fin dal 2015.
Decisive nel segnare la svolta dell'inchiesta ci sono le sofisticate tecnologie di intercettazione usate dai carabinieri. Tali strumenti in particolare hanno permesso di ricostruire le strutture delle famiglie coinvolte. Una volta scoperti i canali attraverso i quali il clan comunicava con le altre cosche sono state accertate decine di estorsioni, svelando alcuni tra i membri principali del mandamento.
Tra i compiti dei boss c'era anche quello di risolvere le liti tra i cittadini: una mansione fondamentale nel tutelare gli interessi dei commercianti, che pagavano il pizzo in cambio della protezione.
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