Recenti modifiche legislative introdotte dal Decreto Lavoro hanno apportato cambiamenti significativi al contratto a tempo determinato. A tenere banco ci sono le nuove regole relative alla durata di questo tipo di contratti e alle causali che ne possono determinare l’estensione, ma ci sono novità importanti anche riguardanti il calcolo del limite, peraltro già operative.
Il fulcro delle recenti modifiche è garantire una maggiore flessibilità contrattuale. L'idea principale è di adattarsi alle esigenze di un mercato del lavoro in continua mutazione, incentivando l'economia e rispondendo alle necessità occupazionali.
La nuova regolamentazione deriva dal Decreto Calderone (decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023), che ha subito modifiche nella sua conversione in legge. Questo ha portato a cambiamenti nell'articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
In sintesi, le nuove regole stabiliscono che:
Un contratto a tempo determinato si caratterizza per avere una durata prestabilita, conosciuta fin dalla sua sottoscrizione. Tuttavia, tale contratto ha sempre avuto delle limitazioni. Ad esempio, il Decreto Dignità del 2018 aveva stabilito una durata massima di 12 mesi, estendibile a 24 mesi solo con specifiche causali.
Come abbiamo anticipato, il decreto n. 48/2023 ha apportato importanti novità, che abbiamo elencato in precedenza e che riguardano i seguenti elementi chiave:
Queste modifiche evidenziano un tentativo di bilanciare le esigenze delle aziende con i diritti dei lavoratori, garantendo al contempo la flessibilità.
La nuova legislazione sottolinea l'importanza della contrattazione collettiva. Tale contrattazione ha il compito di definire le circostanze in cui si può ricorrere al contratto a tempo determinato. Inoltre, esiste un periodo transitorio fino al 30 aprile 2024, durante il quale si possono utilizzare le norme dei contratti collettivi esistenti.
L'articolo 24 del Decreto Lavoro ha introdotto novità anche per quanto riguarda le proroghe e i rinnovi dei contratti a termine. La principale differenza tra proroga e rinnovo riguarda la natura del contratto. Mentre la proroga mantiene inalterate le ragioni iniziali dell'assunzione, il rinnovo può avvenire quando si desidera modificare le motivazioni del contratto originale.
Con le recenti modifiche, sia le proroghe che i rinnovi possono avvenire liberamente nei primi 12 mesi. Dopo questo periodo, è necessario soddisfare specifiche condizioni per estendere il contratto. Questa è una significativa svolta che favorisce la flessibilità, ma richiede una maggiore attenzione da parte dei datori di lavoro nella gestione dei contratti.
Un'ulteriore precisazione è che un contratto può essere prorogato al massimo 4 volte in un periodo di 24 mesi, indipendentemente dal numero totale di contratti stipulati.
In precedenza, il Decreto Dignità aveva imposto delle restrizioni riguardo alla durata di questi contratti a tempo determinato. Ora, secondo l'articolo 24, ci sono nuovi criteri che permettono ai contratti di avere una durata che supera i 12 mesi ma che non eccede i 24 mesi:
È essenziale sottolineare che queste nuove causali non sono valide per alcuni contratti, come quelli stipulati dalle pubbliche amministrazioni o università private. In questi scenari, le regole precedenti del Decreto Dignità rimangono in vigore.
Le regolamentazioni relative alla durata di 12 mesi del contratto a termine hanno visto anch'esse delle modifiche. Il punto di riferimento per iniziare a calcolare la durata di un anno è la data di entrata in vigore del decreto lavoro, ossia il 5 maggio 2023.
In aggiunta, si è introdotto un limite del 20% per i lavoratori assunti con contratto di somministrazione a tempo indeterminato. Tuttavia, coloro che sono assunti con un contratto di apprendistato non rientrano in questo calcolo.