Numerosi, numerosissimi, i casi di violenze sessuali che stanno solcando le nostre cronache negli ultimi giorni: la sensibilità dell'opinione pubblica osserva il fenomeno con orrore e preoccupazione, mentre qualcosa comincia a smuoversi anche a livello istituzionale, come dimostrano le recenti affermazioni della Corte di Perugia.
La Corte d'Appello del capoluogo umbro, infatti, ha diffuso le motivazioni con cui ha confermato la condanna per un uomo accusato di violenza sessuale contro la nipote della compagna, affermando che «l'attendibilità della persona offesa non è compromessa dal decorso di tanti anni» dall'avvenimento del reato imputato.
Queste parole figurano nel novero delle ragioni con cui i giudici hanno ritenuto di condannare un uomo denunciato per violenze sessuali sei anni dopo il fatto incriminato. La testimonianza della donna abusata, che temeva il ripetersi di atti di violenza a sfondo sessuale sulla sorella più piccola, non è dunque stata intaccata nella sua credibilità sulla base della distanza temporale che ha separato la violenza dalla denuncia.
La Corte di Perugia ha ritenuto dunque opportuno procedere con la condanna dell'uomo che, sei anni fa, ha violentato la nipote della compagna. Le motivazioni della sentenza insistono sulla particolare situazione familiare della donna che ha denunciato:
Il tema della denuncia dopo un episodio di violenza sessuale e in quali tempi possa essere presentata è ancora problematico: attualmente, il codice rosso procede che le vittime maggiorenni possano presentare la denuncia entro 12 mesi dagli abusi (prima addirittura i mesi erano solo sei). Il contorno con altri Paesi in questo campo fa impallidire: in Francia una persona può denunciare fino a 30 anni dopo l'episodio di violenza a sfondo sessuale di cui è stata vittima.
In ogni caso, anche in Italia se la persona che ha subito l'abuso è minorenne, la denuncia può essere sporta da chiunque, anche da chi ha assistito casualmente al reato e senza vincoli di tempo.