L’ipotesi di uno shutdown sempre più imminente si fa strada tra i corridoi del Congresso degli Stati Uniti. Il rischio è concreto perché il termine ultimo per raggiungere un accordo è il 30 settembre. L’argomento è la spesa pubblica ma la possibilità di una mediazione sembra essere definitivamente saltata dopo che lo speaker Kevin McCarthy ha dichiarato di non voler mettere ai voti la risoluzione per l’esercizio provvisorio.
La situazione di stallo sembra essere irrisolvibile e la Casa Bianca si prepara a fare i conti con lo shutdown. Ciò, nel concreto, comporterebbe ad un numero elevatissimo di dipendenti federali che non riceveranno lo stipendio. Diverse agenzie sono pronte a mettere in congedo non retribuito i propri lavoratori. Sulla questione è intervenuto direttamente il presidente Joe Biden:
A questo si aggiunge una nota di Moody’s, la nota agenzia di rating, che afferma di essere intenzionata a togliere la tripla A agli Stati Uniti nel caso non dovesse esserci una risposta di politica fiscale efficace.
L’attuale situazione di paralisi del Congresso non sarebbe la prima a decretare uno shutdown, la cui gravità è direttamente proporzionale alla sua durata. Per ritrovare la sospensione delle attività governative più lunga della storia recente non serve fare un grande passo indietro. La medaglia d’oro va all’amministrazione guidata da Donald Trump che, tra il 2018 e il 2019, causò il blocco per 34 giorni.
L’ex presidente sta oggi dominando le prime pagine dei giornali: se da un lato proseguono i suoi guai con la giustizia (è di ieri la notizia di un’accusa di frode), dall’altro i sondaggi lo dichiarano stabilmente ai primi posti per la corsa alla Casa Bianca. Alle prossime elezioni statunitensi si profila un nuovo scontro tra Biden e Trump e questa volta l’esito, almeno secondo i sondaggi, sembra essere molto diverso.