Oggi, martedì 10 ottobre, ricorre la Giornata mondiale della salute mentale: un'occasione per sensibilizzare sulle malattie mentali, che risultano in aumento in particolare dopo la pandemia. A dare l'allarme è l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Disturbi mentali che imperversano soprattutto tra i giovanissimi: lo dimostrano i dati dell'Oms, che sottolineano come il 75% delle malattie psichiatriche si presenti prima dei 25 anni e il 50% entro i 14.
In costante ascesa le diagnosi di questi problemi: gli aumenti, pari al 30%, si registrano soprattutto nelle categorie più fragili e nei giovani. Di questo passo, ancor prima del 2030 la depressione e le altre malattie psichiche saranno le più diffuse nel mondo.
A raccontare il fenomeno è anche la Società italiana di psichiatria, attraverso le parole della presidente Emi Bondi.
Bondi sottolinea come il Covid-19 abbia accelerato l'incedere di depressione e ansia, "cresciute rispettivamente del 28 e 26%" rispetto a prima del 2020.
I giovani, spiega Bondi, "stanno pagando il prezzo più alto" da un mondo in costante cambiamento.
Oltre ai giovani, le fasce di popolazione più in pericolo sono le donne, gli anziani o i ceti sociali più svantaggiati. I disoccupati, ad esempio, rischiano la depressione tre volte di più rispetto alla popolazione impiegata.
Secondo gli psichiatri, lo scenario internazionale non fa che contribuire al disagio mentale. Pandemia, guerre e inflazione "stanno facendo da detonatore" a questi disturbi.
Il tutto in una situazione di costante calo delle risorse a disposizione dei Servizi di salute mentale pubblici, che scendono al di sotto del 3% del fondo sanitario nazionale. Una percentuale di gran lunga inferiore all'indicazione europea del 10% per i Paesi a più alto reddito.
Il diritto alla salute mentale, insomma, è più che mai attuale: tale aspetto della vita quotidiana "non deve più essere trascurato", ribadisce la presidente della SIP.
Il futuro della psichiatria non può che passare attraverso la ricerca, che ha garantito "enormi passi avanti nella diagnosi precoce e nella prevenzione". Non riconoscere il problema, spiega Bondi, "significa rinunciare non solo alla terapia psicofarmacologica ma anche al riconoscimento di manifestazioni iniziali".