Quello che è successo alla piccola Indi ha sconvolto il mondo intero, soprattutto l'Italia, che tanto ha fatto per darle un'ultima possibilità, concedendole anche la cittadinanza.
Indi è morta stamattina all'una e quarantacinque, ora locale, dopo un giorno e mezzo di agonia seguita al distacco delle macchine.
Il papà, in preda ad una rabbia e disperazione più che giustificate, ha affermato che i giudici non solo le hanno tolto il diritto di vivere, ma anche quello di morire, dignitosamente a casa propria, con i propri affetti.
Questa terribile storia fa sorgere una domanda ai genitori italiani: in Italia può succedere quello che è successo alla piccola Indi? La legge italiana prevede casi in cui un giudice decida della vita e della morte di un bambino, sovrastando la volontà dei genitori? Scopriamolo.
Le cure palliative pediatriche si concentrano su corpo, mente e spirito e mirano a soddisfare tutti i bisogni del bambino e della famiglia, lavorando per garantire la massima qualità di vita possibile.
Sancite come diritto dei bambini dalla Legge n. 38 del 15 marzo 2010, intitolata "Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore", e supportate dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017, le cure palliative domiciliari (quelle che sono state vietate dai giudici alla piccola Indi) sono invece un aspetto chiave di questo approccio in Italia.
Le cure palliative sono essenziali per la dignità e la vita dei bambini che hanno malattie croniche o in fase terminale, e servono anche a fornire supporto ai loro familiari.
Queste cure si concentrano sul sollievo dei sintomi, sul controllo del dolore e sulla gestione degli aspetti psicologici, sociali e spirituali della malattia.
L'obbiettivo è garantire dignità e comfort al piccolo paziente, durante il percorso di malattia, anche sino alla morte.
Le cure palliative pediatriche in Italia seguono il bambino ovunque abbia scelto la famiglia, in ospedale, in un hospice o a casa. Inoltre, forniscono supporto nel processo di elaborazione del lutto per la famiglia.
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In un'intervista del 2022 su Ansa, Francesco D'Agostino, presidente emerito del Comitato Nazionale di Bioetica, affermò che affidare ai genitori l'ultima parola non è possibile, poiché potrebbero mancare della competenza necessaria e il loro parere potrebbe essere influenzato da condizionamenti emotivi.
Il ricorso al magistrato, che è imparziale, è considerato sacrosanto in un paese di diritto, per evitare l'accanimento terapeutico.
L'esperto evidenzia che in Italia situazioni simili seguono un approccio simile, ad esempio, quando un testimone di Geova rifiuta una trasfusione per un figlio, la decisione spetta spesso al giudice, indicando che la volontà dei genitori non può essere l'ultima parola.
Questo può succedere anche in caso contrario, quando secondo i medici non ci sono possibilità di vita per il bambino.
Anche i Italia, quindi, qualora si ritenga che un atto sanitario sia indispensabile (anche staccare i supporti vitali) il medico effettua una segnalazione alla Procura della Repubblica competente.
Sarà dunque il Tribunale per i Minorenni ad autorizzare o meno questa procedura, indipendentemente dal consenso del padre e della madre.
Questi casi particolari sono disciplinati dalla Legge 219 del 2017.
L'obbiettivo è mettere in pratica l'interesse migliore per il minore. Al comma 5 dell'articolo 3 del 2017, si dice infatti che "nel caso in cui il rappresentante legale del minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al Giudice tutelare".
Il giudice confronterà le istanze delle diverse parti coinvolte, tutte accomunate dal dovere legale di tutelare il benessere del minore e poi prenderà la sua decisione, che ponga al centro la persona del minore nella sua totalità.
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Anche in Italia, dunque, non si ammette un'irragionevole ostinazione, ma se fosse nata in Italia, Indi avrebbe avuto pienamente diritto alla vita, a prescindere dalla sua vitalità, e con le cure palliative sarebbe stata accompagnata al fine vita con tutta la dignità e la cura.
Ad oggi non è mai successo che in Italia un giudice abbia optato per il distacco dei supporti vitali di un neonato, senza il parere favorevole dei genitori.