Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha incontrato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi per discutere della manovra finanziaria del governo Meloni. All'uscita dalla sede dei Cinquestelle, Conte è tornato ad attaccare il governo presieduto da Giorgia Meloni sia sulla manovra sia su altre questioni di attualità politica, dallo sciopero del 17 novembre all'accordo con l'Albania sui migranti, che Conte definisce "una follia".
Giuseppe Conte torna a tuonare contro il governo Meloni. Lo fa con le spalle coperte dall'incontro appena concluso con il numero uno di Confindustria Carlo Bonomi, con cui il leader Cinquestelle si era incontrato per un confronto sulla manovra del governo.
Proprio sulla legge di bilancio, i due condividono un parere nettamente sfavorevole, che Conte torna a esprimere ai microfoni dei cronisti che lo attendevano dopo l'incontro, tra cui l'inviato di TAG24 Lorenzo Brancati. Il presidente del Movimento, riprendendo la critica espressa giorni fa proprio da Bonomi, attacca l'assenza di investimenti e accusa direttamente la presidente del Consiglio per l'inevitabile, a suo dire, aumento del debito pubblico che essa comporterà.
Un aumento del debito che, per Conte, sarà dovuto alla mancata crescita del Pil, stimata per il prossimo anno dal governo dell'1,2%, ma smentita dagli analisti, compresa la stessa Confindustria che la ferma allo 0,5%.
Di fronte a simili difficoltà, Conte contesta arroganza e miopia di un esecutivo che non accetta il confronto e va avanti per la sua strada con arroganza. Il risultato, spiega, sarà vedere sempre più imprese lasciare il Paese.
L'inadeguatezza del governo emerge, per il leader pentastellato, anche sulla vicenda dello sciopero indetto dai sindacati per venerdì 17 novembre.
Dopo il lungo braccio di ferro tra sindacati e Matteo Salvini, quest'ultimo ha deciso di procedere con la precettazione, imponendo un limite orario alla serrata. Fatto storico, accolto con durezza dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini.
Conte si schiera dalla parte dei manifestanti, e risponde a tono a chi polemizza che i sindacati avrebbero 'politicizzato' lo sciopero, sostenendo che fare politica è naturale quando si difendono le ragioni dei lavoratori.
Un atto, quello della precettazione, che certifica anche le continue contraddizioni e l'opportunismo del governo, che mentre professava alcune cose dai banchi dell'opposizione, una volta al potere se le rimangia.
Infine, il presidente dei Cinquestelle conclude la propria invettiva contro il governo affrontando uno dei leitmotiv dell'esecutivo: la questione migranti e la presunta 'svolta' rappresentata dal recente accordo con l'Albania. Accordo che Conte definisce, senza troppi giri di parole, "una follia".
Conte si chiede, retoricamente, se sia normale che un simile patto sia stato siglato dalla presidente del consiglio senza informare i ministri competenti o il Parlamento, per poi chiosare nettamente, parlando di fallimenti continui dell'esecutivo.