Per Zakaria Atqaoui, il 23enne italo-marocchino accusato di aver ucciso a coltellate l'ex fidanzata Sofia Castelli all'alba del 29 luglio scorso, la Procura di Monza ha chiesto il giudizio immediato. Il processo a suo carico si aprirà davanti alla Corte d'Assise il prossimo 19 gennaio: rischia il massimo della pena, l'ergastolo. A riportarlo è Il Giorno.
L'accusa mossa nei confronti del giovane, detenuto dalla scorsa estate nel carcere di Monza, è di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, dall'uso del mezzo insidioso e dalla premeditazione. All'alba del 29 luglio, dopo essersi intrufolato a casa dell'ex fidanzata Sofia Castelli ed essersi nascosto in un armadio, l'aveva accoltellata a morte nel sonno nel letto della sua stanza.
La ragazza, di 20 anni, era rincasata da poco in compagnia dell'amica Aurora dopo aver trascorso una serata in discoteca. I suoi genitori e suo fratello non c'erano: erano partiti per la Sardegna, dove lei, di lì a qualche giorno, avrebbe dovuto raggiungerli per le vacanze con i nonni. Lo sapeva bene Zakaria Atqaoui, che il giorno precedente si era presentato da lei con la colazione, sottraendole di soppiatto il mazzo di chiavi.
Da un po' i due si erano lasciati. Era stata lei a volerlo, a causa degli atteggiamenti possessivi di lui, di cui si era confidata anche con le amiche. Lui però non aveva accettato la sua scelta e aveva provato in tutti modi a recuperare il loro rapporto, facendosi ancor più "irascibile e persecutorio" nei confronti dell'ex. La seguiva, sia fisicamente che virtualmente, controllando in maniera spasmodica i suoi account social.
E si era convinto che lei avesse una storia con un altro, quello con cui, la notte del delitto, pensava di sorprenderla. Pochi attimi dopo, con i vestiti ancora sporchi di sangue, aveva fermato una pattuglia della polizia locale, confessando l'omicidio. Omicidio per cui ora rischia il massimo della pena, l'ergastolo.
Dalla famiglia di Sofia Castelli, Zakaria Atqaoui era stato accolto in casa come un figlio. Erano i tempi del primo lockdown. Dopo il trasferimento dei suoi genitori all'estero, il 23enne era rimasto solo e per un periodo aveva convissuto con l'allora fidanzata e i suoi familiari a Cologno Monzese.
Lo scorso luglio, una volta appresa la tragica notizia, questi ultimi si erano quindi detti ancora più esterrefatti, dichiarando di voler sapere con esattezza quanto accaduto a Sofia. L'autopsia effettuata su disposizione della Procura aveva confermato, poco dopo, il racconto che il killer aveva fatto agli inquirenti e cioè che la ragazza era morta senza potersi difendere, venendo colpita almeno quattro volte al collo e al viso.
La sua amica, che dormiva in un'altra stanza, non si era accorta di nulla. La mattina successiva era stata svegliata dai militari recatisi sul posto dopo l'arresto del 23enne, scoprendo tutto. Più volte, negli scorsi mesi, ha parlato sui social dei sensi di colpa che da quel giorno prova per non essere riuscita a salvarla. "Ogni giorno che passa diventa un dolore sempre più insopportabile", aveva scritto in una struggente lettera, augurandosi che Atqaoui, a cui si riferiva con l'appellativo di "animale", pagasse per quanto commesso.
Pochi giorni dopo l'inizio del processo al 23enne, il 3 febbraio, presso il palazzetto dello sport di via Volta, a Cologno Monzese, in memoria di Sofia Castelli si terrà un concerto. Il ricavato, fa sapere Milano Today, sarà devoluto all’associazione Artemisia, a sostegno di progetti educativi contro la violenza sulle donne nelle scuole, e all’associazione cani guida onlus di Limbiate.