La Cassazione ha stabilito che il Saluto romano deve essere contestato in base alla violazione della legge Scelba, concentrandosi in particolare sull'articolo 5 sull'apologia del fascismo. Le Sezioni Unite della Suprema Corte sono intervenute per risolvere una questione interpretativa sollevata dalla prima sezione penale, che aveva trasmesso atti nel settembre scorso. La sentenza rappresenta un passo significativo nell'applicazione della legislazione contro l'apologia del fascismo e contribuisce a definire le modalità di contestazione del Saluto romano in conformità con la legge Scelba.
La Cassazione ha stabilito che il Saluto romano deve essere contestato in base alla violazione della legge Scelba, nello specifico l'articolo 5 sull'apologia del fascismo. Questa contestazione può scattare quando esiste un concreto pericolo, valutato in base a tutte le circostanze del caso, di ricostituzione del disciolto partito fascista.
La via prescelta dalla Cassazione è piuttosto restrittiva. Dimostrare la violazione del divieto, previsto dalla legge del 1952 che attua la Costituzione, di rifondare il partito fascista, non è affatto semplice.
Le manifestazioni commemorative diventano reato solo se c'è un pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista, e questo pericolo non può basarsi esclusivamente sulla violazione della legge. A
l contrario, risulta più agevole la condanna seguendo la legge Mancino del 1993, la quale, con l’articolo 2, proibisce «manifestazioni esteriori, emblemi o simboli propri di movimenti portatori di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico». Tale reato può concorrere con l’apologia.
In seguito a questa decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, è stato disposto un nuovo processo di Appello per otto militanti di estrema destra che avevano eseguito il Saluto romano durante una commemorazione a Milano il 29 aprile 2016. Gli imputati, inizialmente assolti in primo grado nel 2020 per l'assenza dell'elemento soggettivo, sono stati successivamente condannati nel 2022 dalla Corte d’Appello.