A seguito di periodi prolungati di assenza per malattia, il rientro in azienda solleva importanti questioni relative alla sorveglianza sanitaria. L'ordinanza n. 29756 del 12 ottobre 2022 della Cassazione ha posto nuovi riflettori su questo tema, delineando i contorni di un obbligo che vede al centro la figura del lavoratore e le responsabilità del datore di lavoro. Ecco come funziona, anche a livello temporale, la visita medica al rientro a lavoro dopo una lunga malattia.
Contrariamente a quanto comunemente assunto, il lavoratore, al termine di un periodo di malattia superiore a sessanta giorni, è tenuto a riprendere servizio anche in assenza di una visita medica di idoneità post-malattia. Questo principio, tuttavia, convive con l'obbligatorietà della sorveglianza sanitaria, circoscritta ai casi in cui le mansioni svolte rientrino nell'ambito di applicazione previsto dalla normativa vigente.
Il Ministero del Lavoro, attraverso l'interpello n. 1 del 6 febbraio 2024, ha fornito chiarimenti importanti in merito alla necessità di effettuare la visita medica al rientro da un periodo di malattia. Il focus è sulla distinzione tra attività lavorative che richiedono una sorveglianza sanitaria da quelle che non ne necessitano. Solo nel primo caso, infatti, il datore di lavoro è tenuto a disporre la visita medica prima della ripresa dell'attività lavorativa.
La sorveglianza sanitaria si configura come un insieme di atti medici finalizzati alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, in relazione ai rischi professionali e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa. La normativa, in particolare l'articolo 41 del Decreto Legislativo 81/08, stabilisce i casi in cui è necessario intervenire con una visita medica, sia preventiva che periodica, oltre a specificare le situazioni in cui la sorveglianza si rende obbligatoria.
Il datore di lavoro gioca un ruolo chiave nella gestione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro. È suo dovere nominare il medico competente per la sorveglianza sanitaria, basandosi sulla valutazione dei rischi e sulle esigenze specifiche legate alle mansioni svolte dai lavoratori. Questo obbligo si estende alla necessità di garantire che i lavoratori siano idonei alle mansioni assegnate, soprattutto in seguito a periodi di assenza prolungata per malattia.
La ripresa del lavoro, a seguito di un'assenza per malattia superiore a sessanta giorni, richiede una verifica dell'idoneità del lavoratore a svolgere le proprie mansioni. Tale verifica, attraverso la visita medica, è imperativa solo per le attività sottoposte a sorveglianza sanitaria obbligatoria. La decisione di sottoporre a visita medica un lavoratore deve quindi essere basata su una valutazione attenta dei rischi e delle specificità del ruolo ricoperto.
Quindi, come anticipato, la normativa chiarisce che la visita medica pre-ripresa è obbligatoria esclusivamente per le mansioni che implicano un obbligo di sorveglianza sanitaria. Questo implica che, al termine di un'assenza per malattia superiore ai 60 giorni, il lavoratore debba sottoporsi a una visita medica solo se la sua mansione rientra in quelle soggette a tale obbligo. Lo scopo è accertare l'idoneità del lavoratore a riprendere le proprie funzioni senza rischi per la sua salute.
La visita medica di rientro è obbligatoria per le mansioni con sorveglianza sanitaria. La mancata organizzazione di tale visita da parte del datore di lavoro può esporlo a sanzioni.
La circolare n. 3/2017 dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro specifica le sanzioni per la mancata sorveglianza sanitaria dei lavoratori. Per violazioni della legge 81/08, le multe variano da 2.192 € a 4.384 €, raddoppiando se coinvolti oltre 5 lavoratori e triplicando oltre i 10. In situazioni di lavoro ad alto rischio come in alta quota o notturno, le penalità includono arresto da 2 a 4 mesi o multe da 1.315,20 € a 5.699,20 €. Se un lavoratore giudicato non idoneo svolge attività rischiose per la salute, la multa va da 1.096 € a 4.932 €.
Sebbene la visita medica sia obbligatoria, esistono casi in cui il lavoratore potrebbe rifiutarsi di sottoporsi all'esame. Tale rifiuto può portare a sanzioni disciplinari, che variano a seconda delle normative contrattuali applicate. È fondamentale, tuttavia, che il lavoratore comprenda l'importanza di questa valutazione, non solo per la propria salute, ma anche per la sicurezza collettiva nel luogo di lavoro.