Continuano a preoccupare i livelli di smog a Milano e provincia dove, da oggi, sono scattate le misure antismog di primo livello che interesseranno gran parte dell'area regionale lombarda.
La concentrazione di polveri sottili nell'aria nelle province di Milano, Monza, Mantova, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lodi e Pavia, è infatti da giorni al di sopra dei limiti di tolleranza. A far scattare l'allerta, in particolare, il superamento del valore limite del Pm10, fissato dalla direttive europee a 50 millesimi di grammo al metro cubo. Solo a Milano, in questi giorni, questo valore è oscillato da un minimo di 73 a un massimo di 122.
I livelli di smog riportati a Milano questi giorni sono certamente preoccupanti, ma sicuramente non sorprendenti. Da anni, infatti, i tassi di inquinamento registrati nel capoluogo lombardo superano o sono al limite delle soglie di tolleranza consentite.
Proprio per questo, un gruppo di cittadini ha deciso di riunirsi nell'associazione Cittadini per l'aria per difendere il diritto a respirare aria pulita, dato che «la qualità dell'aria non è un bene negoziabile», come spiega a TAG24 in questa intervista Gloria Pellone, coordinatrice dei progetti della onlus.
Pellone, partiamo dall'inizio: di cosa si occupa Cittadini per l'aria?
«Cittadini per l'aria è un'associazione ambientalista attiva dal 2015 sulle tematiche della qualità dell'aria. Ci occupiamo di questo tema attraverso azioni di sensibilizzazione, divulgazione, diffusione di dati e azioni legali, soprattutto nel momento in cui non viene rispettato il diritto dei cittadini a respirare aria pulita.
Tra le nostre iniziative, poi, ci sono le campagne di scienza partecipata per mettere le persone al centro della ricerca. In particolare, in queste campagne monitoriamo con i cittadini il livello nell'aria di biossido di carbonio, ovvero uno degli inquinanti presenti nelle nostre città.
I campioni raccolti vengono poi analizzati in laboratorio dai ricercatori del nostro comitato scientifico, i quali rielaborano i dati calibrandoli con quelli prodotti dalle centraline dell'Arpa. Il risultato sono mappe puntuali sui livelli di concentrazioni osservate nel determinato mese, le quali permettono ai ricercatori di fare delle stime annuali sui dati di dispersione del biossido di azoto nel territorio urbano».
Qual è la situazione nell'aria di Milano?
«La situazione è pessima, ma non da oggi. Le classifiche lasciano il tempo che trovano. Noi possiamo però fare affidamento sui rilievi di Arpa, i quali certificano come la qualità dell'aria di Milano sia pessima: i livelli di concentrazione di inquinanti superano infatti i limiti imposti dalle direttive europee. Limiti, peraltro, ben più alti rispetto alle soglie limite individuate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità».
Il dato critico di cui si parla in questo momento è quello relativo al Pm10. Perché voi invece misurate il biossido di azoto?
«Innanzitutto perché è facilmente misurabile. In secondo luogo, perché la fonte principale dell'emissione di biossido di azoto è il traffico veicolare e la combustione derivante dall'utilizzo delle automobili, specialmente quelle a motori diesel. A Milano, non a caso, più del 65% delle emissioni di biossido di azoto deriva proprio dal trasporto, in particolare dalla combustione e dall'abrasione delle gomme su strada.
Anche il particolato - e dunque le polveri sottili - deriva dal traffico veicolare. Se guardiamo i dati Arpa, infatti, vediamo come il Pm10, per la provincia di Milano, deriva dal 45% dal trasporto su strada e per il 22% dal riscaldamento e dalla combustione della legna».
Quali soluzioni chiede la vostra associazione alla politica affinché siano garantito un livello dell'aria salubre?
«Da anni chiediamo il ridisegno della mobilità urbana. Ovviamente ci sono delle scale di responsabilità che devono essere considerate. Il sindaco ha le sue competenze, la Regione ne ha altre e lo Stato altre ancora.
Il Comune di Milano, ad esempio, potrebbe investire molto di più sul trasporto pubblico, estendendo innanzitutto le fasce orarie di servizio. Si potrebbe poi investire maggiormente nella promozione della mobilità sostenibile, potenziando il lavoro sulle piste ciclabili, favorendo il bike e car sharing e pedonalizzando le strade scolastiche.
Le ricerche dimostrano come, per migliorare la qualità dell'aria, sia fondamentale il ruolo delle zone a traffico limitato. Quando queste sono efficienti, infatti, gli inquinanti presenti nell'aria diminuiscono fino a un terzo.
A livello regionale, chiediamo sia sospeso Move-in, una manovra totalmente illogica che conferisce la possibilità di installare una scatola nera nella proprio automobile per consentire, a chi ha mezzi inquinanti, di circolare nel rispetto di un tetto massimo di percorrenza chilometrica annuale. Un sistema non solo sbagliato, ma peraltro non funzionante.
Noi chiediamo di intervenire sulla mobilità per ridisegnare la città affinché questa possa tutelare il diritto di respirare aria pulita. Si parla tanto di giustizia sociale: ma dov'è la giustizia nel momento in cui il cittadino non può respirare liberamente?».
Nella vostra pagina Facebook riportate le testimonianze di tanti genitori che denunciano come la salute dei loro piccoli soffra dei livelli di inquinamento. Le persone si stanno accorgendo di come la qualità dell'aria impatti sulle loro vite?
«Sicuramente ci sono persone più sensibili e persone meno. C'è anche una questione di abitudine: le persone non si rendono più conto di cosa voglia dire abitare a Milano. Si è talmente abituati alla tosse sempre presente, alla congiuntivite nei bambini, alle laringiti, che si va avanti come se non si conoscesse la causa.
Per questo è importantissimo innanzitutto sia fatta una giusta comunicazione. Per le istituzioni questo poteva essere, a mio giudizio, il momento più adatto per avviare percorsi o scuole di formazione sul tema».
Il comune di Milano dovrebbe impegnarsi di più anche per segnalare i rischi che esistono per la salute, suggerendo dei comportamenti per i giorni in cui i livelli di inquinamento superano le soglie massime?
«Sì, ma credo che il punto centrale sia un altro. È fondamentale fare informazione corretta su quello che ognuno di noi può fare per migliorare la situazione, magari lasciando a casa l'auto e prendendo i mezzi pubblici. Ribadisco, però, che ognuno ha le sue responsabilità: il Comune ha le sue competenze, la Regione ne ha altre.
In questo momento, a livello europeo, si sta decidendo per l'aggiornamento della direttiva sulla Qualità dell'aria. Ebbene, le regioni padane sono in prima linea per cercare di rendere questa direttiva meno ambiziosa e, quindi, meno efficace».
Ci spieghi meglio.
«L'ultima direttiva europea, risalente al 2008, stabilisce i limiti per quanto riguarda la concentrazione di inquinanti. Nel 2021, l'OMS ha rimodulato queste soglie e rivisto le indicazioni, suggerendo di abbassare ulteriormente la soglia di tolleranza dei livelli di inquinamento.
Per tali ragioni, è iniziata una trattativa a livello europeo sulla direttiva per la Qualità dell'aria. La proposta avanzata dal Parlamento europeo, in particolare, si avvicinava molto ai limiti indicati dall'Organizzazione mondiale della Sanità, indicando l'entrata in vigore delle norme nel 2030.
Le regioni padane, insieme allo Stato italiano e altri Stati, stanno facendo invece pressioni affinché l'entrata in vigore dei nuovi limiti sia posticipata al 2040. La loro motivazione è che la pianura padana sia svantaggiata a livello geografico: se questo è sicuramente vero, certo non è un motivo per rassegnarsi, casomai per impegnarsi di più.
Ritardare di dieci anni l'entrata in vigore della direttiva significa condannare 100 mila persone. Non lo diciamo noi, ma una ricerca condotta da un gruppo di epidemiologici pubblicata solo qualche settimana fa, la quale stima che un rinvio al 2024 porterebbe a 100 mila morti premature, solo in Italia. Quello che dobbiamo far capire è questo: i lasciapassare a inquinare condannano le persone, senza distinzione di classe, dato che tutti respiriamo la stessa aria».