Si applica la tassazione del 26% sulla plusvalenza per vendere una seconda casa inserita in un condominio oggetto di lavori agevolati dal superbonus? La risposta a un quesito di questo tipo, abbastanza frequente per l'alto numero di interventi agevolati dai bonus edilizi interessanti i fabbricati condominiali - anche solo per le parti comuni - è positiva. Ovvero, ricorrendo le condizioni previste dalla legge di Bilancio 2024 istitutiva della tassazione sulle plusvalenze, la tassa si applica nei casi di cessione di seconde abitazioni.
Ulteriori complicazioni nella disciplina della plusvalenza del superbonus derivano da circostanze quali:
Tutte queste situazioni riscontrate nel caso di vendita di un'unità immobiliare di un condominio - messa in vendita a un valore maggiorato anche grazie ai lavori effettuati sulle parti comuni del condominio e agevolati dal superbonus - porterebbero all'unica conclusione che il proprietario debba applicare la tassazione del 26% sulla plusvalenza realizzata dai lavori dei bonus edilizi per una più fruttuosa cessione dell'immobile stesso.
In linea di massima, la plusvalenza mette in luce una differenza esistente tra il prezzo al quale il proprietario abbia comprato l'unità immobiliare (o il costo per la costruzione dell'immobile stesso) e il prezzo di vendita. Ricorrendo queste prime condizioni, nel caso di vendita entro i primi dieci anni dal termine dei lavori del superbonus, l'applicazione della tassazione del 26% sulla plusvalenza realizzata è obbligatoria.
Tale tassazione si applica nel caso di lavori agevolati dal superbonus su quella che può essere considerata non come una prima casa. Trattandosi di una seconda casa, il primo step dei controlli da fare è superato con la necessità di applicare la tassazione sulla plusvalenza. La relativa disciplina è contenuta nei commi dal 64 al 67, dell'articolo 1, della legge 213 del 2023 (legge di Bilancio 2024).
Trova risposta direttamente dalle interpretazioni dell'Agenzia delle entrate il dubbio se la plusvalenza debba essere calcolata sui soli lavori interessanti l'unità immobiliare o anche nel caso di lavori che non riguardino l'appartamento oggetto di vendita ma solo le parti comuni di un edificio.
Proprio l'Agenzia delle entrate ha chiarito, con la circolare numero 13 del 2024, che "non occorre, ai fini della verifica della sussistenza del presupposto impositivo di cui alla lettera b-bis) sopra citata, che sulla singola unità immobiliare siano stati effettuati anche interventi trainati, ma è sufficiente la circostanza che siano stati effettuati interventi ammessi al Superbonus sulle parti comuni dell’edificio di cui fa parte l’unità immobiliare ceduta a titolo oneroso".
Ancora, l'Agenzia delle entrate stabilisce che, "ai fini dell’individuazione dei beni potenzialmente idonei a generare, ai sensi della lettera b-bis), una plusvalenza in sede di cessione, si evidenzia che, in base al tenore letterale della norma, rilevano tutte le tipologie d’immobili che sono state oggetto degli interventi agevolati di cui al citato articolo 1195, indipendentemente dalla circostanza che detti interventi siano stati effettuati sull’immobile dal proprietario 'cedente'»' oppure dagli 'altri aventi diritto' alla detrazione (a titolo di esempio, il conduttore, il comodatario, il familiare convivente, ecc.)".
Pertanto, l'applicazione della tassazione del 26% sulla plusvalenza realizzata grazie ai lavori dell'ex bonus 110% una volta che il proprietario decida di vendere la seconda casa, esula dalla circostanza che gli interventi non abbiano interessato direttamente l'appartamento oggetto di vendita e anche dal fatto che il proprietario abbia votato contrariamente in assemblea rispetto ai lavori prestabiliti.
Se non sono passati dieci anni da detti lavori, in caso di vendita si applica la nuova tassazione dal momento che la volontà del condominio impegna tutti i singoli condòmini a prescindere da come abbiano votato in assemblea.