Nel marzo del 1984, Wolfgang Abel e Marco Furlan vengono arrestati per l’incendio doloso di una discoteca a Castiglione dello Stiviere. È la fine di un incubo durato sette anni, durante i quali i due, sotto il nome di banda Ludwig, hanno compiuto una serie di omicidi a sfondo neonazista. Le vittime includevano prostitute, senzatetto, omosessuali, tossicodipendenti, frequentatori di cinema a luci rosse e uomini di chiesa. Ma chi erano realmente Abel e Furlan? E cosa ha portato alla loro cattura? Ecco la loro storia.
Wolfgang Abel nasce a Monaco di Baviera nel 1959, in una famiglia benestante: il padre, Gherard, è dirigente di una compagnia di assicurazione, mentre la madre è casalinga. Ha due fratelli maggiori e una sorella minore. Marco Furlan, invece, nasce a Padova nel 1960. Suo padre è il primario del reparto Grandi ustionati dell’ospedale di Verona, mentre la madre, come quella di Abel, si dedica alla famiglia.
Le loro vite si intrecciano al liceo scientifico Girolamo Fracastoro di Verona, dove diventano compagni di banco. Trascorrono molto tempo insieme, sia in classe che fuori. Ed è proprio nel corso di queste frequentazioni che, tra una conversazione e l’altra, scoprono di condividere una visione inquietante, che riecheggia gli stessi principi del nazismo: il mondo, secondo loro, deve essere ripulito da tutto ciò che considerano deviato. Visione che diventerà il fondamento della loro attività criminale.
Il 25 agosto 1977, a Verona, qualcuno lancia quattro bottiglie motolov dentro una Fiat 126, utilizzata come riparo dal senzatetto Guerrino Spinelli, che dopo otto giorni di agonia muore in ospedale a causa delle ustioni riportate. Il 19 dicembre 1978, a Padova, viene accoltellato il cameriere omosessuale Luciano Stefanato, ritrovato con due lame conficcate nella schiena.
Il 12 dicembre 1979, a Venezia, un altro delitto scuote l’opinione pubblica: Claudio Costa, tossicodipendente, viene ucciso a coltellate. Tre città diverse, tre vittime appartenenti a categorie diverse. I crimini non sembrano collegati: le Procure di Verona, Padova e Venezia indagano ognuna per conto proprio.
Poi, nel novembre 1980, qualcosa cambia. Alla redazione del Gazzettino Veneto di Mestre arriva una lettera che recita:
Il messaggio si chiude con un sinistro riferimento al nazismo: la frase "Gott mit uns" ("Dio con noi"), accompagnata dall’immagine di un’aquila e una svastica. Un mese dopo, il 20 dicembre, la prostituta Anna Maria Baretta viene brutalmente uccisa a colpi di ascia e di martello. Nel maggio 1981, un incendio colpisce la Torretta, una piccola struttura abbandonata divenuta ricovero di sbandati e senza casa.
Tra le fiamme perde la vita un ragazzo di appena 18 anni, Luca Martinotti, che si trovava lì con due amici: Aurelio Angeli e Fabrizio Ancona, rimasti feriti. L’organizzazione Ludwig rivendica l’attacco due anni dopo, alimentando ulteriormente l’orrore. Tuttavia, ancora oggi, restano dubbi sul suo reale coinvolgimento in questo episodio.
È certa, invece, la responsabilità della banda in una serie di altri crimini successivi: l’uccisione dei frati Gabriele Pigato e Giuseppe Lovato, del prete Armando Bison, e due attentati incendiari devastanti. Il primo, nel maggio 1983, colpisce il cinema a luci rosse Eros di Milano, causando la morte di sei persone. Il secondo, nel 1984, distrugge la discoteca Liverpool di Monaco di Baviera, provocando la morte di una cameriera italiana.
C’è poi l’evento che segna un punto di svolta. La sera del 4 marzo 1984, Wolfgang Abel e Marco Furlan vengono colti in flagranza mentre, con due borse contenenti diverse taniche di benzina, tentano di dare fuoco alla moquette della discoteca Melamara di Castiglione dello Stiviere, in provincia di Mantova. Vengono arrestati. Poco dopo, si scopre che ci sono loro dietro l’organizzazione Ludwig.
Il 15 luglio 1986 vengono entrambi rinviati a giudizio. Il processo a loro carico si apre il primo dicembre successivo: sia in Abel che in Furlan viene riscontrato un vizio parziale di mente. Secondo gli inquirenti, sono gli autori delle rivendicazioni e, quindi, degli omicidi; almeno di quelli di cui, nelle rivendicazioni, citavano particolari che solo gli esecutori potevano conoscere.
Dopo una prima condanna a 30 anni, la Corte d’Appello riduce la pena a 27 anni. La sentenza diventa definitiva nel 1991. Furlan, che nel frattempo era fuggito, viene rintracciato a Creta quattro anni dopo e portato in Italia. Nel 2010, viene liberato per buona condotta. Abel, che era caduto in casa, entrando in coma, è morto il 25 ottobre 2024. Anche lui, da diversi anni, era ormai un uomo libero.